Commenti a: PERCHÉ SCRIVERE (di Ferdinando Camon) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-49429 Maria Lucia Riccioli Sun, 28 Dec 2008 14:14:30 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-49429 Non si scrive per i contemporanei, ma per i posteri. Scrivere è mandare un messaggio nella bottiglia attraverso l'oceano della storia. Magari ci leggerà il nostro vicino di isola, magari il messaggio s'incaglierà nelle secche del tempo, magari giungerà a qualcuno che usa una lingua ormai diversa. O che non sa leggere. Ma se si crea il miracolo della comunicazione, della trasmissione del pensiero - non ci pensiamo mai, ma è di vero miracolo che si tratta se piango per dei versi scritti in un'altro continente, in un'epoca che non è la mia - allora di tratta di Letteratura. Non si scrive per i contemporanei, ma per i posteri. Scrivere è mandare un messaggio nella bottiglia attraverso l’oceano della storia. Magari ci leggerà il nostro vicino di isola, magari il messaggio s’incaglierà nelle secche del tempo, magari giungerà a qualcuno che usa una lingua ormai diversa. O che non sa leggere. Ma se si crea il miracolo della comunicazione, della trasmissione del pensiero – non ci pensiamo mai, ma è di vero miracolo che si tratta se piango per dei versi scritti in un’altro continente, in un’epoca che non è la mia – allora di tratta di Letteratura.

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Di: Mela Mondi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-49405 Mela Mondi Sun, 28 Dec 2008 03:54:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-49405 La scrittura è verità, libertà ed arte quando la scrittura entra nel mondo della moda (americanismo, orientalismo, tecnologismo....) o nel paradigma etico, sociale o politico corrente perde il" pensiero perenne". La vera faccia della scrittura autentica è senza tempo qualsiasi sia il contenuto che esprima. Infatti non è importante l'oggetto del narrare, ma il modo con cui esso si sente e si vive nella sua totalità da parte dell'autore, insieme all'arte che questi possiede per comunicarlo agli altri. Una scrittura di tal genere ha in sè, come dice Camon, etica ed estetica ossia il senso della perennità. Oggi scriviamo tutti. Questo dilettantismo però è l'aspetto positivo del cambiamento. Una purificazione collettiva , uno svecchiamento per entrare nella post -modernità anche se ritengo,che il fenomeno non sarà mai letteratura con la L maiuscola. La scrittura è verità, libertà ed arte quando la scrittura entra nel mondo della moda (americanismo, orientalismo, tecnologismo….) o nel paradigma etico, sociale o politico corrente perde il” pensiero perenne”.
La vera faccia della scrittura autentica è senza tempo qualsiasi sia il contenuto che esprima.
Infatti non è importante l’oggetto del narrare, ma il modo con cui esso si sente e si vive nella sua totalità da parte dell’autore, insieme all’arte che questi possiede per comunicarlo agli altri.
Una scrittura di tal genere ha in sè, come dice Camon, etica ed estetica
ossia il senso della perennità.
Oggi scriviamo tutti. Questo dilettantismo però è l’aspetto positivo del cambiamento. Una purificazione collettiva , uno svecchiamento per entrare nella post -modernità anche se ritengo,che il fenomeno non sarà mai letteratura con la L maiuscola.

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Di: Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » LA NECESSITÀ DI SCRIVERE PER LE CLÈZIO, Premio Nobel per la Letteratura 2008 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-47811 Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » LA NECESSITÀ DI SCRIVERE PER LE CLÈZIO, Premio Nobel per la Letteratura 2008 Fri, 12 Dec 2008 21:10:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-47811 [...] di seguito il testo, giacché contiene spunti molto interessanti (che integrano il post sul “perché scrivere” che avevo pubblicato in seguito al contributo di Ferdinando Camon). In effetti il testo di [...] [...] di seguito il testo, giacché contiene spunti molto interessanti (che integrano il post sul “perché scrivere” che avevo pubblicato in seguito al contributo di Ferdinando Camon). In effetti il testo di [...]

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-19850 Massimo Maugeri Thu, 24 Jan 2008 21:01:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-19850 Carissimo dr. Camon, la ringrazio di cuore per questo suo nuovo e ottimo intervento, così ricco di considerazioni e citazioni. Sono molto onorato della sua presenza. Consideri Letteratitudine come casa sua. Spero possa tornare ancora a trovarci. Grazie ancora. Massimo Maugeri Carissimo dr. Camon,
la ringrazio di cuore per questo suo nuovo e ottimo intervento, così ricco di considerazioni e citazioni. Sono molto onorato della sua presenza. Consideri Letteratitudine come casa sua.
Spero possa tornare ancora a trovarci.
Grazie ancora.
Massimo Maugeri

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Di: Ferdinandeo Camon http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-19735 Ferdinandeo Camon Wed, 23 Jan 2008 17:20:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-19735 Caro Maugeri, nella sterminata quantità di risposte che la mia "Etica dello scrivere" sta ottenendo mi fermo, com'è giusto, sulle critiche. I consensi fanno piacere, ma le critiche fanno ragionare. La più costante è che molti best-seller non sono prodotti ma opere, che durano. Sì, ma non tutti quelli che vengono citati: alcuni, famosissimi, sono in realtà prodotti da una grande cultura, anche letteraria, ma tuttavia prodotti, e cioè confezionati. Caratteristica dei best-seller è di essere vivi finché gli autori sono vivi. Ma poi la morte degli autori è la loro morte. La carica di rivoluzione che un'opera introduce nella storia della letteratura, sta nel fatto che quell'opera modifica il senso delle opere precedenti, anche di secoli precedenti: arrivano i "Ragazzi di vita", e i "Malavoglia" cambiano senso, non sono più quello che erano. Se i "Ragazzi di vita" non avessero ottenuto questo, oggi non li leggeremmo più, a prescindere dalle copie allora vendute (che comunque non furono molte). Vedo che in qualche e-mail si parla dei giudizi dei dirigenti editoriali: guardate che i dirigenti editoriali sono la longa manus con cui la casa editrice, che cerca il prodotto e non l'opera, seleziona tra i manoscritti che tocca. Io ricordo come esemplare l'atteggiamento di Franco Fortini, che leggendo un manoscritto poetico di Zanzotto (per la Mondadori), scrisse al suo datore di lavoro: "Niente di questo libro corrisponde al mio criterio di poesia, è un libro che mi smentisce, però sento che è poesia, e dunque alla domanda: pubblicarlo o no?, rispondo: Pubblicarlo subito, purtroppo". Ma quanti sono a leggere i manoscritti così? I consulenti cercano libri che li confermino (in un certo senso: vogliono scrivere attraverso gli autori che ospitano nelle loro collane), e i libri che confermano i consulenti possono vendersi bene, ma ripetono l'esistente. Quando nasce un bambino, l'ostetrico scrive nel registro: "Vivo e vitale", vivo vuol dire che in quel momento respira, ma vitale vuol dire che è destinato a respirare anche in futuro, non morirà. Per un prodotto, vivo è più importante di vitale, perché i libri vivi rinforzano la casa editrice, la sua potenza economica, mentre i libri vitali si vendono meno ma sempre. E' quel "meno" il problema. Perciò, detto fra noi, gli scrittori sono cattivi dirigenti di collana. Funzionano meglio gli scrittori medi (non dico mediocri). Vittorini, per esempio, funzionava benissimo. Un nuovo libro, introdotto in un catalogo editoriale, modifica quel catalogo, e il catalogo (giustamente) si oppone ad essere modificato. Questo è un problema dello scrittore ma anche dell'editore: è l'urto fra l'arte e la borghesia. Grazie di ospitarmi. Ferdinando Camon Caro Maugeri, nella sterminata quantità di risposte che la mia “Etica dello scrivere” sta ottenendo mi fermo, com’è giusto, sulle critiche. I consensi fanno piacere, ma le critiche fanno ragionare. La più costante è che molti best-seller non sono prodotti ma opere, che durano. Sì, ma non tutti quelli che vengono citati: alcuni, famosissimi, sono in realtà prodotti da una grande cultura, anche letteraria, ma tuttavia prodotti, e cioè confezionati. Caratteristica dei best-seller è di essere vivi finché gli autori sono vivi. Ma poi la morte degli autori è la loro morte. La carica di rivoluzione che un’opera introduce nella storia della letteratura, sta nel fatto che quell’opera modifica il senso delle opere precedenti, anche di secoli precedenti: arrivano i “Ragazzi di vita”, e i “Malavoglia” cambiano senso, non sono più quello che erano. Se i “Ragazzi di vita” non avessero ottenuto questo, oggi non li leggeremmo più, a prescindere dalle copie allora vendute (che comunque non furono molte). Vedo che in qualche e-mail si parla dei giudizi dei dirigenti editoriali: guardate che i dirigenti editoriali sono la longa manus con cui la casa editrice, che cerca il prodotto e non l’opera, seleziona tra i manoscritti che tocca. Io ricordo come esemplare l’atteggiamento di Franco Fortini, che leggendo un manoscritto poetico di Zanzotto (per la Mondadori), scrisse al suo datore di lavoro: “Niente di questo libro corrisponde al mio criterio di poesia, è un libro che mi smentisce, però sento che è poesia, e dunque alla domanda: pubblicarlo o no?, rispondo: Pubblicarlo subito, purtroppo”. Ma quanti sono a leggere i manoscritti così? I consulenti cercano libri che li confermino (in un certo senso: vogliono scrivere attraverso gli autori che ospitano nelle loro collane), e i libri che confermano i consulenti possono vendersi bene, ma ripetono l’esistente. Quando nasce un bambino, l’ostetrico scrive nel registro: “Vivo e vitale”, vivo vuol dire che in quel momento respira, ma vitale vuol dire che è destinato a respirare anche in futuro, non morirà. Per un prodotto, vivo è più importante di vitale, perché i libri vivi rinforzano la casa editrice, la sua potenza economica, mentre i libri vitali si vendono meno ma sempre. E’ quel “meno” il problema. Perciò, detto fra noi, gli scrittori sono cattivi dirigenti di collana. Funzionano meglio gli scrittori medi (non dico mediocri). Vittorini, per esempio, funzionava benissimo. Un nuovo libro, introdotto in un catalogo editoriale, modifica quel catalogo, e il catalogo (giustamente) si oppone ad essere modificato. Questo è un problema dello scrittore ma anche dell’editore: è l’urto fra l’arte e la borghesia. Grazie di ospitarmi. Ferdinando Camon

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Di: Carlo Menzinger http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-18592 Carlo Menzinger Tue, 15 Jan 2008 15:46:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-18592 Trovo molto interessante il discorso sui tempi della letteratura. Non condivido, invece, l'affermazione "il best-seller è “sempre” un libro morto, perché è il risultato di un gusto all’apice della diffusione, quindi in fase morente. “Best-seller” e “libro reazionario” sono la stessa cosa." Non la condivido perché è solo passando attraverso le vendite ed il successo (immediato o postumo) che un libro è veramente "vivo", nel senso che, pubblicato in migliaia o milioni di copie, riesce a lanciare i suoi semi (buoni o cattivi) in giro per il mondo. Se un libro non vende, non ha visibilità, il suo messaggio si perde. Non mi pare giusto disprezzare gli autori di best-seller, anche se è chiaro che spesso il loro è un prodotto "industriale", perché sanno riconsocere il gusto del pubblico, perché sanno toccare le emotività vere della gente. In un best-seller può esservi innovazione e creatività. Non è giusto pensare che debba essere "reazionario" per definizione. La differenza tra l'inventiva e il "progresso" di un libro di successo e di uno che successo non ha, sta nel fatto che il primo dona al mondo la sua "novità" (anche se piccola), mentre il secondo, forse, cerca una novità eccessiva, che il mondo non è pronto a ricevere, che il mondo non desidera. Trovo molto interessante il discorso sui tempi della letteratura.
Non condivido, invece, l’affermazione “il best-seller è “sempre” un libro morto, perché è il risultato di un gusto all’apice della diffusione, quindi in fase morente. “Best-seller” e “libro reazionario” sono la stessa cosa.”
Non la condivido perché è solo passando attraverso le vendite ed il successo (immediato o postumo) che un libro è veramente “vivo”, nel senso che, pubblicato in migliaia o milioni di copie, riesce a lanciare i suoi semi (buoni o cattivi) in giro per il mondo.
Se un libro non vende, non ha visibilità, il suo messaggio si perde.
Non mi pare giusto disprezzare gli autori di best-seller, anche se è chiaro che spesso il loro è un prodotto “industriale”, perché sanno riconsocere il gusto del pubblico, perché sanno toccare le emotività vere della gente.
In un best-seller può esservi innovazione e creatività. Non è giusto pensare che debba essere “reazionario” per definizione.
La differenza tra l’inventiva e il “progresso” di un libro di successo e di uno che successo non ha, sta nel fatto che il primo dona al mondo la sua “novità” (anche se piccola), mentre il secondo, forse, cerca una novità eccessiva, che il mondo non è pronto a ricevere, che il mondo non desidera.

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Di: donatella.f http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-12916 donatella.f Mon, 03 Dec 2007 21:22:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-12916 Gentilissimo maestro Camon, volevo ringraziarla per la provvidenziale boccata d'ossigeno ad una scrittrice profondamente amareggiata. Scrivere è fatica, dolore, malattia che inevitabile, come un'ospite indesiderato, si presenta all'incauto che mai avrebbe immaginato di doverla affrontare. Non sono una professionista, mi cinemto in questa ardua sfida da un paio d'anni e certo non posso proporre un genere di scrittura raffinato, eppure la critica mossami dalle case editrici, dagli agenti sopratutto, riguarda essenzialmente il genere, chiamiamola fantascienza, più che altro la libertà di esprimenrsi al riparo da qualsiasi vincolo. Mi esortano a cambiare argomento, storie improponibili veicolate da situazioni altrettanto inaccettabili, immagini il disgusto di questi poveretti costretti ad assistere allo scempio delle loro solidissime convinzioni. Devo insistere? O piuttosto continuare a riempire il silienzio della libreria, dove il mio scrivere è sempre ben accolto. Perdoni lo sfogo di una voce assente. Gentilissimo maestro Camon, volevo ringraziarla per la provvidenziale boccata d’ossigeno ad una scrittrice profondamente amareggiata.
Scrivere è fatica, dolore, malattia che inevitabile, come un’ospite indesiderato, si presenta all’incauto che mai avrebbe immaginato di doverla affrontare. Non sono una professionista, mi cinemto in questa ardua sfida da un paio d’anni e certo non posso proporre un genere di scrittura raffinato, eppure la critica mossami dalle case editrici, dagli agenti sopratutto, riguarda essenzialmente il genere, chiamiamola fantascienza, più che altro la libertà di esprimenrsi al riparo da qualsiasi vincolo.
Mi esortano a cambiare argomento, storie improponibili veicolate da situazioni altrettanto inaccettabili, immagini il disgusto di questi poveretti costretti ad assistere allo scempio delle loro solidissime convinzioni.
Devo insistere? O piuttosto continuare a riempire il silienzio della libreria, dove il mio scrivere è sempre ben accolto.
Perdoni lo sfogo di una voce assente.

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Di: Gordiano Lupi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-10513 Gordiano Lupi Wed, 21 Nov 2007 16:19:04 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-10513 Condivido in pieno il pensiero di Camon. Aggiungo che - visto quanto poco renda scrivere al giorno d'oggi - è bene farlo solo se per noi è davvero essenziale.La scrittura deve essere un'urgenza, una necessità, altrimenti molto meglio fare altro. Gordoiano Lupi www.infol.it/lupi Condivido in pieno il pensiero di Camon. Aggiungo che – visto quanto poco renda scrivere al giorno d’oggi – è bene farlo solo se per noi è davvero essenziale.La scrittura deve essere un’urgenza, una necessità, altrimenti molto meglio fare altro.

Gordoiano Lupi
http://www.infol.it/lupi

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-10484 Sergio Sozi Wed, 21 Nov 2007 13:57:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-10484 Luca, in poche parole tu mi dici: impariamo a scrivere e a parlare meglio o facciamo il possibile, vero? Io piuttosto replicherei pacificamente con solo una cosa (che io faccio): studiamo. Sempre. Bisogna studiare l'italiano. Ecco tutto. Ciao, caro! Sergio Luca,
in poche parole tu mi dici: impariamo a scrivere e a parlare meglio o facciamo il possibile, vero?
Io piuttosto replicherei pacificamente con solo una cosa (che io faccio):
studiamo. Sempre. Bisogna studiare l’italiano. Ecco tutto.
Ciao, caro!
Sergio

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Di: luca http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-10467 luca Wed, 21 Nov 2007 11:59:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-10467 Caro Sergio, ho condiviso la tua candidatura di Italo Calvino e mi è caro Goffredo Parise - "Sillabari" - : cosicché non disdegno i racconti che ritengo più intensi ed, inoltre, esaltano la nostra bella e complicata lingua italiana.La brevità e sintesi del testo scritto è frutto del nostro tempo: la responsabilità è della televisione,ora si mette anche internet, e i giornali quotidiani si leggono poco, tanto più i libri di genere romanzo. La lingua scritta viene violata, alla stregua della lingua parlata sempre più frammentaria; tutto ciò è poco aulico: docet i telegiornali, per esempio.Questa è la mia teoria che andrebbe bene,anche, nell'altra stanza dove sostengono una lingua viva,moderna,farcita di slang,inglesismi: la scrittura letteraria è tale perchè non rinuncia alle proprie origini - perfino dialettali - ma sa rappresentare le idee,tutte, in modo comprensibile ed esteticamente e musicalmente "accettabili", nel rispetto di una grammatica e sintassi,giustamente, rigorosa.Pertanto,se non sappiamo scrivere è meglio parlare e se non sappiamo parlare correttamente la nostra lingua italiana: rinunciamo ai nostri personalismi ed ambizioni discutibili sulla scrittura letteraria; pur continuando a srivere e a parlare come mangiamo, secondo me. Caro Sergio, scusa la mia polemica ma, volevo in qualche modo essere d'accordo con te. Ricambio la stima e l'affetto Luca Gallina Caro Sergio, ho condiviso la tua candidatura di Italo Calvino e mi è caro Goffredo Parise – “Sillabari” – : cosicché non disdegno i racconti che ritengo più intensi ed, inoltre, esaltano la nostra bella e complicata lingua italiana.La brevità e sintesi del testo scritto è frutto del nostro tempo: la responsabilità è della televisione,ora si mette anche internet, e i giornali quotidiani si leggono poco, tanto più i libri di genere romanzo.
La lingua scritta viene violata, alla stregua della lingua parlata sempre più frammentaria; tutto ciò è poco aulico: docet i telegiornali, per esempio.Questa è la mia teoria che andrebbe bene,anche, nell’altra stanza dove sostengono una lingua viva,moderna,farcita di slang,inglesismi: la scrittura letteraria è tale perchè non rinuncia alle proprie origini – perfino dialettali – ma sa rappresentare le idee,tutte, in modo comprensibile ed esteticamente e musicalmente “accettabili”, nel rispetto di una grammatica e sintassi,giustamente, rigorosa.Pertanto,se non sappiamo scrivere è meglio parlare e se non sappiamo parlare correttamente la nostra lingua italiana: rinunciamo ai nostri personalismi ed ambizioni discutibili sulla scrittura letteraria; pur continuando a srivere e a parlare come mangiamo, secondo me.
Caro Sergio, scusa la mia polemica ma, volevo in qualche modo essere d’accordo con te.
Ricambio la stima e l’affetto
Luca Gallina

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-10203 Sergio Sozi Tue, 20 Nov 2007 12:43:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-10203 Caro Luca, tu mi hai scritto sopra: ''Occorre assumersi la piena responsabilità e accettare di scrivere la continuità dei veri valori ,e delusione per gli stessi, delle genti anche attraverso il genere romanzo: tu ti assumi questa responsabilità.'' Ed io sono con te d'accordo. Solo che, nota bene, io piu' che un romanziere sarei un novellista. Il mio fiato oltre le trenta-quaranta pagine di narrazione non dura. O meglio, il mio respiro e' fatto cosi': passi non lunghi, magari medi. Se no perde d'intensita' e non da' il massimo. Quando si lavora artigianalmente sulle parole per me sovente e' cosi' - ed anche per altra gente -: se non si vuol perdere tempo, un racconto ben fatto dice tutto. Le storie lunghe le scrivano i geni. Col solito affetto e stima Sergio Caro Luca,
tu mi hai scritto sopra:
”Occorre assumersi la piena responsabilità e accettare di scrivere la continuità dei veri valori ,e delusione per gli stessi, delle genti anche attraverso il genere romanzo: tu ti assumi questa responsabilità.”
Ed io sono con te d’accordo. Solo che, nota bene, io piu’ che un romanziere sarei un novellista. Il mio fiato oltre le trenta-quaranta pagine di narrazione non dura. O meglio, il mio respiro e’ fatto cosi’: passi non lunghi, magari medi. Se no perde d’intensita’ e non da’ il massimo. Quando si lavora artigianalmente sulle parole per me sovente e’ cosi’ – ed anche per altra gente -: se non si vuol perdere tempo, un racconto ben fatto dice tutto. Le storie lunghe le scrivano i geni.
Col solito affetto e stima
Sergio

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Di: sam http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-10159 sam Tue, 20 Nov 2007 09:59:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-10159 Quante considerazioni interessanti su cui riflettere...ed ecco l'urgenza di scrivere ancor prima di averle sviscerate tutte con attenzione e poi digerite e soppesate...ma se seguo questa pulsione e mi precipito sui tasti del pc non vuol dire che sono una scrittrice, non vuol dire che mai lo diventerò. Scrivere non è solo urgenza o ispirazione. Scrivere è compiere un atto di onestà verso se stessi e gli altri seppur incanalandoci dentro quella parte di noi che lo renderà qualcosa di unico, e avrà il nostro stile e ce lo renderà familiare, come i libri che ci accompagnano o i giorni che ci cambiano e che ci portiamo dietro. L'urgenza è un bisogno, la consapevolezza dell'urgenza mette in gioco la ragione e in questi rari casi diventa arte l'unione delle due. Per cui concordo pienamente con Camon, seppur provocatorio e a tratti contraddittorio. Leggo il suo articolo come un monito a noi tutti e a quel se stesso che si mette in gioco sempre, giustificandosi un pò quando eccede nell'intimismo o si ricerca il consenso degli altri, che non ci capiscono e ci giudicano. Non abbiamo chiesto di essere definiti scrittori, nulla vieta di sentirci tali, ma per esserlo dobbiamo coniugare il nostro bisogno di essere, di comunicare, di sentirci, con quello gli altri, rapportarci al mondo - seppur futuro - ci dà la misura di quello che facciamo e la responsabilità che ne deriva. Quante considerazioni interessanti su cui riflettere…ed ecco l’urgenza di scrivere ancor prima di averle sviscerate tutte con attenzione e poi digerite e soppesate…ma se seguo questa pulsione e mi precipito sui tasti del pc non vuol dire che sono una scrittrice, non vuol dire che mai lo diventerò. Scrivere non è solo urgenza o ispirazione. Scrivere è compiere un atto di onestà verso se stessi e gli altri seppur incanalandoci dentro quella parte di noi che lo renderà qualcosa di unico, e avrà il nostro stile e ce lo renderà familiare, come i libri che ci accompagnano o i giorni che ci cambiano e che ci portiamo dietro. L’urgenza è un bisogno, la consapevolezza dell’urgenza mette in gioco la ragione e in questi rari casi diventa arte l’unione delle due. Per cui concordo pienamente con Camon, seppur provocatorio e a tratti contraddittorio. Leggo il suo articolo come un monito a noi tutti e a quel se stesso che si mette in gioco sempre, giustificandosi un pò quando eccede nell’intimismo o si ricerca il consenso degli altri, che non ci capiscono e ci giudicano. Non abbiamo chiesto di essere definiti scrittori, nulla vieta di sentirci tali, ma per esserlo dobbiamo coniugare il nostro bisogno di essere, di comunicare, di sentirci, con quello gli altri, rapportarci al mondo – seppur futuro – ci dà la misura di quello che facciamo e la responsabilità che ne deriva.

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Di: luca http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-3/#comment-9236 luca Fri, 16 Nov 2007 14:06:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-9236 Caro Sergio, sono entrato per caso nella stanza e, mi sono meravigliato,non lo nego, compiaciuto perchè mi confermi che l'affinità elettiva ed emotiva esiste, tale da essere liturgica,tra autore e lettore:percepisco appieno la tua generosità nell'abbondandonarti, con rispetto e pudore,pur avendo la conoscenza dello stile e la cultura, alla scrittura letteraria continuando a nutrirti della letteratura che conosci e che scopri continuamente, sentendoti forse circondato: però questo,per me, non è sufficiente a capire il perchè, occorre assumersi la piena responsabilità e accettare di scrivere la continuità dei veri valori ,e delusione per gli stessi, delle genti anche attraverso il genere romanzo: tu ti assumi questa responsabilità, secondo me, ed è per questo che ti voglio bene: per la tua onestà intellettuale che ti porta a mantere ed alimentare,sempre,il dubbio su quello che attorno a Noi appare una realtà da raccontare. Questo è quello che ho percepito e non voglio rileggere, ma ringraziarti per l'affetto e la condivisione del mio pensiero. Luca Gallina Caro Sergio, sono entrato per caso nella stanza e, mi sono meravigliato,non lo nego, compiaciuto perchè mi confermi che l’affinità elettiva ed emotiva esiste, tale da essere liturgica,tra autore e lettore:percepisco appieno la tua generosità nell’abbondandonarti, con rispetto e pudore,pur avendo la conoscenza dello stile e la cultura, alla scrittura letteraria continuando a nutrirti della letteratura che conosci e che scopri continuamente, sentendoti forse circondato: però questo,per me, non è sufficiente a capire il perchè, occorre assumersi la piena responsabilità e accettare di scrivere la continuità dei veri valori ,e delusione per gli stessi, delle genti anche attraverso il genere romanzo: tu ti assumi questa responsabilità, secondo me, ed è per questo che ti voglio bene: per la tua onestà intellettuale che ti porta a mantere ed alimentare,sempre,il dubbio su quello che attorno a Noi appare una realtà da raccontare.
Questo è quello che ho percepito e non voglio rileggere, ma ringraziarti per l’affetto e la condivisione del mio pensiero.
Luca Gallina

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Di: Kataweb.it - Blog - camelia boban » Blog Archive » La donna dei fili http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-9060 Kataweb.it - Blog - camelia boban » Blog Archive » La donna dei fili Thu, 15 Nov 2007 17:50:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-9060 [...] assolutamente, vista la discussione che è nata in seguito alla lettera dell’autore sul blog di Massimo Maugeri e all’interpretazione che ha dato zauberei in un suo bellissimo post. [...] [...] assolutamente, vista la discussione che è nata in seguito alla lettera dell’autore sul blog di Massimo Maugeri e all’interpretazione che ha dato zauberei in un suo bellissimo post. [...]

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-8900 Sergio Sozi Wed, 14 Nov 2007 22:45:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-8900 ''In buona sostanza, all’autore letterato, io credo, non debba riguardare la stratificazione del risultato di mercato di un suo romanzo, che attiene alle case editrici solamente, e tantomeno dei potenziali lettori.'' Ho voluto qui riportare un frammento dell'incommentabilmente bello scritto di Luca Gallina anche - e non solo: soprattutto perche' io a Luca gli voglio bene - anche dicevo per dimostrare, a tutti gli stanchi uomini che oggi tentano di scrivere soggiacendo alla decadenza complessiva italiana, quanto si possa credere nel potere assieme liturgico, poietico, sinergetico e catartico della Letteratura. Credere nella Letteratura, dice Luca, e' credere nella nostra storia e dunque in noi stessi, come singoli ma soprattutto come... famiglia nazionale. E credere in qualcosa non vuol dire essere ottusi o limitati, anzi l'opposto: credere vuol dire fare sbagli e/o eccellenti azioni mettendocisi dentro senza stare a pensare ai meschini riscontri commerciali. Fuori dal commercio avviene la Letteratura. O meglio, allegoricamente, ''Ella viene''. A noi tutti. Grazie, Luca Gallina. Sergio ”In buona sostanza, all’autore letterato, io credo, non debba riguardare la stratificazione del risultato di mercato di un suo romanzo, che attiene alle case editrici solamente, e tantomeno dei potenziali lettori.”
Ho voluto qui riportare un frammento dell’incommentabilmente bello scritto di Luca Gallina anche – e non solo: soprattutto perche’ io a Luca gli voglio bene – anche dicevo per dimostrare, a tutti gli stanchi uomini che oggi tentano di scrivere soggiacendo alla decadenza complessiva italiana, quanto si possa credere nel potere assieme liturgico, poietico, sinergetico e catartico della Letteratura. Credere nella Letteratura, dice Luca, e’ credere nella nostra storia e dunque in noi stessi, come singoli ma soprattutto come… famiglia nazionale. E credere in qualcosa non vuol dire essere ottusi o limitati, anzi l’opposto: credere vuol dire fare sbagli e/o eccellenti azioni mettendocisi dentro senza stare a pensare ai meschini riscontri commerciali. Fuori dal commercio avviene la Letteratura. O meglio, allegoricamente, ”Ella viene”. A noi tutti.
Grazie, Luca Gallina.
Sergio

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Di: luca http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7684 luca Fri, 09 Nov 2007 15:05:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7684 Desidero ringraziare, innanzitutto, Massimo Maugeri e lo scrittore Ferdinando Camon, che si è reso disponibile in tutta onestà intellettuale, la Sua, in piena sincerità, combattuto, secondo me, tra il rigore necessario nell’affrontare la scrittura letteraria e lo studio costante dell’altrui letteratura; assieme alla Sua capacità di vivere interamente la propria vita e le proprie emozioni con responsabilità da trasmettere ad un lettore, prediletto, che si riconosca in Lui; contraccambiandoLo il Suo lettore con una probabile e vera “affinità elettiva “, questo è quello che ho percepito è sarebbe l’ideale incontro di comunione profonda tra autore e lettore; lo scopo principe ed unico che deve avere la letteratura, secondo me.Altrimenti l’autore si è reso incomprensibile ed il lettore ha letto un libro “inutile”, così detto “pensiero debole”.In buona sostanza, all’autore letterato, io credo, non debba riguardare la stratificazione del risultato di mercato di un suo romanzo, che attiene alle case editrici solamente, e tantomeno dei potenziali lettori. Non credo che il premio Nobel 2006,Oran Pamuk, debba rincorrere il mercato editoriale e i lettori; verosimilmente, Giorgio Faletti per esempio, si sarà chiesto, sicuramente, come è stato possibile raggiungere risultati da Best-seller, prevalentemente, con il Suo primo libro: Io uccido. Pertanto, condivido pienamente il senso di quanto scritto da Ferdinando Camon: in alcune occasioni un libro può diventare un prodotto editoriale di successo e con una vita limitata nel tempo; oppure, un romanzo e il Suo autore vivranno per sempre nel tempo. Secondo me, la scrittura letteraria è un mix di: tecnica scrittoria,creatività, pensiero forte e va praticata con responsabilità, con lucidità, etica,obiettivi personali e condivisibili con gli altri. Non si può scrivere per se stessi: bisogna restituire agli altri, le emozioni, le idee partite da molto lontano, da autori che ci hanno preceduto. Il “divenire” del genere umano che aspira a sublimare la realtà e non disperdere la memoria storica. Volendo sdrammatizzare, la nostra emotività deve essere pronta ad integrare i fatti con l’amore, il dolore personale vissuti e convissuti. Per fare questo, Vi chiedo, che peso ha il letterato e la persona umana intrinseca dell’autore? I romanzi, del resto, non hanno risultati di mercato per tutti gli autori riconosciuti: lo scrittore è solo rispetto le nuove forme di comunicazione e il futuro sorta d’impegno a produrre opere a più mani; utilizzando e integrando la creatività affinché si possano rappresentare le idee, l’emozioni attraverso: il teatro, il cinema, la televisione, internet. Certo,questo è gia praticato.Certamente il romanzo non è morto, ma occorre che i nuovi media gli facciano buona compagnia. Inoltre, leggendo i Vostri sentiti,competenti,viscerali interventi prevalentemente delle Signore intervenute, ho creduto per un attimo che la letteratura potesse diventare una sorta di eucarestia, ho pensato al Caro Sergio Sozi, che permetta a chi si accosta e la pratica tutta la vita, se è capace ed è convinto, di produrre una nuova letteratura; assumendosi la piena responsabilità di continuare a trasmettere integrandola, la varia umanità delle genti che ci hanno preceduto.Non so capire personalmente, se ne valga la pena, anche, perché questo attiene al vero motivo che impedisce a qualcuno di scrivere per la continuità di quanto sopra, ho pensato a Vito Ferro. Ma che fine ha fatto? E alla New entry Giulio Prosperi: entrambi esponenti, secondo me, di una generazione moderna di aspiranti scrittori letterati, intellettuali, in attesa di giudizio. FateVi avanti, se credete opportuno, fateci sognare! Ciao Massimo, grazie per il compito che ci hai assegnato in tua assenza e ,se mi consenti,ti accompagneremo virtualmente nel tuo viaggio, spero riguardi: il B to B, perché la cultura non paga il “giusto” a tutti , come non sempre dona loro la gloria meritata; continuo a pensare a Sergio Sozi. Chissà perché? Forse mi è simpatico in quanto che, è così onesto dal punto di vista intellettuale e sincero con Noi, può sembrare antico e così moderno, allo stesso modo, quando usa il fioretto con il Suo amico Enrico De Gregori. E Tu Massimo, te ne compiaci sempre! Con sincero affetto, il mio, rivolto alle persone che ho coinvolto, perché questo post è portatore sano di emozioni e sentimenti variegati; così l’ho percepito. Luca Gallina Desidero ringraziare, innanzitutto, Massimo Maugeri e lo scrittore Ferdinando Camon, che si è reso disponibile in tutta onestà intellettuale, la Sua, in piena sincerità, combattuto, secondo me, tra il rigore necessario nell’affrontare la scrittura letteraria e lo studio costante dell’altrui letteratura; assieme alla Sua capacità di vivere interamente la propria vita e le proprie emozioni con responsabilità da trasmettere ad un lettore, prediletto, che si riconosca in Lui; contraccambiandoLo il Suo lettore con una probabile e vera “affinità elettiva “, questo è quello che ho percepito è sarebbe l’ideale incontro di comunione profonda tra autore e lettore; lo scopo principe ed unico che deve avere la letteratura, secondo me.Altrimenti l’autore si è reso incomprensibile ed il lettore ha letto un libro “inutile”, così detto “pensiero debole”.In buona sostanza, all’autore letterato, io credo, non debba riguardare la stratificazione del risultato di mercato di un suo romanzo, che attiene alle case editrici solamente, e tantomeno dei potenziali lettori.
Non credo che il premio Nobel 2006,Oran Pamuk, debba rincorrere il mercato editoriale e i lettori; verosimilmente, Giorgio Faletti per esempio, si sarà chiesto, sicuramente, come è stato possibile raggiungere risultati da Best-seller, prevalentemente, con il Suo primo libro: Io uccido. Pertanto, condivido pienamente il senso di quanto scritto da Ferdinando Camon: in alcune occasioni un libro può diventare un prodotto editoriale di successo e con una vita limitata nel tempo; oppure, un romanzo e il Suo autore vivranno per sempre nel tempo.

Secondo me,
la scrittura letteraria è un mix di: tecnica scrittoria,creatività, pensiero forte e va praticata con responsabilità, con lucidità, etica,obiettivi personali e condivisibili con gli altri.
Non si può scrivere per se stessi: bisogna restituire agli altri, le emozioni, le idee partite da molto lontano, da autori che ci hanno preceduto. Il “divenire” del genere umano che aspira a sublimare la realtà e non disperdere la memoria storica.
Volendo sdrammatizzare, la nostra emotività deve essere pronta ad integrare i fatti con l’amore, il dolore personale vissuti e convissuti. Per fare questo, Vi chiedo, che peso ha il letterato e la persona umana intrinseca dell’autore? I romanzi, del resto, non hanno risultati di mercato per tutti gli autori riconosciuti: lo scrittore è solo rispetto le nuove forme di comunicazione e il futuro sorta d’impegno a produrre opere a più mani; utilizzando e integrando la creatività affinché si possano rappresentare le idee, l’emozioni attraverso: il teatro, il cinema, la televisione, internet. Certo,questo è gia praticato.Certamente il romanzo non è morto, ma occorre che i nuovi media gli facciano buona compagnia. Inoltre, leggendo i Vostri sentiti,competenti,viscerali interventi prevalentemente delle Signore intervenute, ho creduto per un attimo che la letteratura potesse diventare una sorta di eucarestia, ho pensato al Caro Sergio Sozi, che permetta a chi si accosta e la pratica tutta la vita, se è capace ed è convinto, di produrre una nuova letteratura; assumendosi la piena responsabilità di continuare a trasmettere integrandola, la varia umanità delle genti che ci hanno preceduto.Non so capire personalmente, se ne valga la pena, anche, perché questo attiene al vero motivo che impedisce a qualcuno di scrivere per la continuità di quanto sopra, ho pensato a Vito Ferro. Ma che fine ha fatto? E alla New entry Giulio Prosperi: entrambi esponenti, secondo me, di una generazione moderna di aspiranti scrittori letterati, intellettuali, in attesa di giudizio. FateVi avanti, se credete opportuno, fateci sognare!
Ciao Massimo, grazie per il compito che ci hai assegnato in tua assenza e ,se mi consenti,ti accompagneremo virtualmente nel tuo viaggio, spero riguardi: il B to B, perché la cultura non paga il “giusto” a tutti , come non sempre dona loro la gloria meritata; continuo a pensare a Sergio Sozi. Chissà perché? Forse mi è simpatico in quanto che, è così onesto dal punto di vista intellettuale e sincero con Noi, può sembrare antico e così moderno, allo stesso modo, quando usa il fioretto con il Suo amico Enrico De Gregori. E Tu Massimo, te ne compiaci sempre! Con sincero affetto, il mio, rivolto alle persone che ho coinvolto, perché questo post è portatore sano di emozioni e sentimenti variegati; così l’ho percepito.
Luca Gallina

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7542 Massimo Maugeri Fri, 09 Nov 2007 08:38:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7542 Mi permetto di evidenziare quest'ultimo passaggio: <b>Poi un giorno il romanzo, come la fenice, rinascerà dalle sue stesse ceneri. Perché il romanzo è fra le cose del mondo che sono insieme inutili e necessarie, totalmente inutili, perché prive d’ogni visibile ragione d’essere e d’ogni scopo, eppure necessarie alla vita come il pane e l’acqua, ed è fra le cose del mondo che sono spesso minacciate di morte e sono tuttavia immortali.</b><b></b> Mi permetto di evidenziare quest’ultimo passaggio:
Poi un giorno il romanzo, come la fenice, rinascerà dalle sue stesse ceneri. Perché il romanzo è fra le cose del mondo che sono insieme inutili e necessarie, totalmente inutili, perché prive d’ogni visibile ragione d’essere e d’ogni scopo, eppure necessarie alla vita come il pane e l’acqua, ed è fra le cose del mondo che sono spesso minacciate di morte e sono tuttavia immortali.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7539 Massimo Maugeri Fri, 09 Nov 2007 08:27:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7539 Vi fornisco un altro spunto. Come sapete ciclicamente si parla di morte del romanzo. Da un certo punto di vista credo che questo argomento sia collegato al "perché scrivere", a "come scrivere" e all'evoluzione della scrittura. Nei commenti precedenti qualcuno di voi aveva fatto cenno al celebre romanzo "Cent'anni di solitudine" di Garcia Marquez. Vi propongo un articolo di Natalia Ginzburg pubblicato su "La Stampa" del 6 aprile 1969. A quel tempo la Ginzburg aveva 56 anni (se non sbaglio i calcoli). "Lessico famigliare", il suo romanzo più celebre, accolto da un forte consenso di critica e di pubblico, aveva vinto il premio Strega nel 1963 (dunque sei anni prima). Ecco cosa scrive la Ginzburg. --------------------------- --------------------------- di <strong>Natalia Ginzburg</strong> da <em>La Stampa</em>, 6 aprile 1969 - Tempo fa un giornale mi ha chiesto di rispondere alla domanda se credevo che il romanzo fosse in crisi, ma non ho risposto, perché le parole “crisi del romanzo” le trovavo odiosissime, evocando in me il loro suono unicamente romanzi brutti, e già morti e stramorti, il cui destino mi era indifferente. Credo d’aver pensato che non aveva senso ragionare tanto sul romanzo, e meglio era forse tentare di scrivere dei romanzi per seppellirli magari in qualche cassetto nel caso che non fossero vivi, se siamo o siamo stati dei romanzieri. Poi ho letto Cent'anni di solitudine di Gabriel García Márquez, colombiano che vive in Spagna. Da tempo non leggevo più nulla che mi colpisse tanto profondamente. Se è vero come dicono che il romanzo è morto, o si prepara a morire, salutiamo allora gli ultimi romanzi che son venuti a rallegrare la terra. Di Cent'anni di solitudine si è scritto e parlato molto, in ltalia e fuori, ma io lo amo tanto che ho paura che non se ne parli abbastanza, che la gente lo legga poco e che venga confuso fra i mille romanzi nuovi che escono e che ci affollano da ogni parte. Il fatto che escano sempre tanti romanzi nuovi non prova per nulla che il romanzo sia vivo. Se vi fosse ragione di pensare che la specie dei conigli sta per estinguersi, per lunghi anni vedremo ancora forme pallide e stanche di conigli, le quali continuerebbero a congiungersi, a inseguirsi nei prati e a popolare la terra. I segni d’una prossima morte della specie noi potremmo scorgerli in particolari minimi, un pallore o un vago languore nell’aspetto dei nuovi nati, una nostra diffidenza e malinconia nel guardare le loro evoluzioni sull’erba. Il vedere in alcune di quelle forme la felicità e il desiderio di vivere sarebbe per noi doloroso, non destando in noi né desiderio di vivere né felicità, ma solo un amaro assentimento e un amaro addio. La stessa cosa avrei pensato dovesse accaderci riguardo al romanzo. La scoperta possibile d’un romanzo vivo, non provando per nulla che la specie sia viva, pensavo dovesse essere per noi dolorosa, perché unita a pensieri di compianto su quanto dicono che sta per sparire. Ma, quando pensavo così, forse non ricordavo più che cosa fosse un romanzo vivo. Non ricordavo quanta vita porta in noi e come può di colpo, con la sua viva presenza, travolgere insieme le nostre vesti di lutto e la nostra intima lugubre indifferenza. Ho letto Cent'anni di solitudine per caso, e l’ho cominciato senza voglia e con diffidenza. Come siamo diventati diffidenti. Siamo diventati dei cattivi lettori di romanzi. Inoltre i romanzi a cui tentiamo di avvicinarci spesso ci respingono indietro alle prime righe, oppure ci sembra leggendoli di mangiare pietre, segatura o polvere, oppure ancora li leggiamo distratti e tristi come se fossimo in piedi e, carichi di valigie nella sala d'aspetto di una stazione, pieni di tedio e di freddo. Se il romanzo muore perché noi abbiamo cessato di amarlo, o se abbiamo cessato di amarlo perché pensiamo che tanto muore, io non lo so. Si è diffusa intorno a noi l'idea che esso è prossimo a estinguersi e questa idea è penetrata in noi come la sottile stanchezza avvelenata da romanzi brutti e da cibi morti. Si è diffusa l'idea che sia una colpa abbandonarsi a romanzi, che il romanzo è evasione e consolazione, e necessario è non evadere e non consolarsi, ma stare fermamente inchiodati nel mezzo della realtà. Siamo oppressi da un senso di colpa nei confronti della realtà. Questo nostro senso di colpa ci induce a temere i romanzi, come qualcosa che possa portarci lontano dalla realtà. E anche quelli di noi che non credono che non sia così, pure una simile idea la respirano, la subiscono e la patiscono, essendo un’idea sottilmente contagiosa e la nostra presente società umana è stranamente soggetta ai contagi, le idee vere e le idee false, si diffondono e si confondono sopra di noi come le nuvole, mescolandosi a incubi e spettricollettivi per cui non sappiamo più distinguere il falso dal vero. Se tentiamo oggi di scrivere un romanzo abbiamo la sensazione di fare una cosa che nessuno vuole più, che dunque non è destinata a nessuno, e questo rende la nostra mano fiacca e la nostra immaginazione fredda e stanca e se tentiamo di leggere un romanzo abbiamo la sensazione che sia proibito e negato ormai l'abbandono a un mondo immaginario che altri ha creato per noi, e così, troviamo infiniti pretesti per non leggere quel romanzo e lasciarlo cadere: la nostra vita, troppo ansiosa e affollata di incubi e spettri privati e collettivi che ci assediano e ci incalzano da ogni parte. Torniamo allora a volte ai romanzi del passato, come a una miniera di beni preziosi e vitali che il nostro tempo ha perduto. Ma isolarli nel passato è come averli custoditi sottovetro, come averli imprigionati nei musei della memoria. Abbiamo un estremo desiderio di romanzi nati dal presente, che portino i segni del presente, per mescolarli a quelli di una volta e amarli insieme. E un simile desiderio non sappiamo se sia condiviso da altri o se ormai a sentirlo siamo gli ultimi, se esso sia frutto di una nostra insensatezza di solitari o se sia generato da un’esigenza universale e essenziale. Leggere Cent’anni di solitudine è stato per me come udire uno squillo di tromba che mi svegliasse dal sonno. L’ho cominciato senza voglia e aspettandomi d’essere sospinta indietro. Qualcosa ha incatenato la mia attenzione e sono andata avanti, avendo la sensazione di procedere in una boscaglia fittissima e verde, piena d’uccelli, di serpenti e d’insetti. Dopo averlo letto m’è parso d’aver seguito un volo d’uccelli rapidissimo e sterminato, in un cielo di sterminate distanze dove non c’era consolazione se non l’amara e corroborante coscienza del vero. Ma non parlerò di questo romanzo e non tenterò di riassumerlo, amandolo troppo per poterlo commentare e chiudere in poche righe. Vorrei solo pregare chi non l’avesse ancora letto di leggerlo senza indugio. Io ho passato due giorni senza mai veramente staccare da quelle pagine il mio pensiero, tirando su ogni tanto la testa per guardare i luoghi e i volti che là vivevano, come contempliamo i tratti e ascoltiamo nel nostro cuore le voci delle persone che amiamo. Dopo ho ancora letto e amato qualche altro romanzo, perché i romanzi veri hanno il prodigio di restituirci l’amore alla vita e la sensazione concreta di quello che dalla vita vogliamo. I romanzi veri hanno il potere di spazzare via da noi la viltà, il torpore e la sottomissione alle idee collettive, ai contagi e agli incubi che respiriamo nell’aria. I romanzi veri hanno il potere di portarci di colpo nel cuore del vero. Questo romanzo è la storia di una famiglia in un villaggio. Probabilmente nel futuro non ci saranno più famiglie né villaggi, ma ci saranno solo villaggi e collettività. Esso è dunque l’ultimo o uno degli ultimi romanzi dove abbiano vita queste cose e vi si avverte la coscienza e lo strazio di essere fra gli ultimi, e insieme la grande e libera allegria e felicità di avere avuto ancora per esistere un breve istante. Nel futuro non ci saranno più romanzi di sorta, ma dovranno passare secoli, per la lentezza con cui si estingue la specie. Per qualche tempo, i romanzi non saranno che grida rotte e singhiozzi, poi calerà il silenzio. La gente sarà gonfia di romanzi non scritti e storie sotterranee e segrete circoleranno nella profondità della terra. Per appagare la propria sete segreta, la gente inventerà dei surrogati, come ci saranno compresse e biscotti sintetici per sostituire il pane e l’acqua, così ci saranno dei surrogati dei romanzi, avendo gli uomini una fantasia geniale nel trovare dei surrogati alle cose di cui soffrono la privazione. Così passeranno dei secoli. Poi un giorno il romanzo, come la fenice, rinascerà dalle sue stesse ceneri. Perché il romanzo è fra le cose del mondo che sono insieme inutili e necessarie, totalmente inutili, perché prive d’ogni visibile ragione d’essere e d’ogni scopo, eppure necessarie alla vita come il pane e l’acqua, ed è fra le cose del mondo che sono spesso minacciate di morte e sono tuttavia immortali. Vi fornisco un altro spunto.
Come sapete ciclicamente si parla di morte del romanzo. Da un certo punto di vista credo che questo argomento sia collegato al “perché scrivere”, a “come scrivere” e all’evoluzione della scrittura.
Nei commenti precedenti qualcuno di voi aveva fatto cenno al celebre romanzo “Cent’anni di solitudine” di Garcia Marquez.
Vi propongo un articolo di Natalia Ginzburg pubblicato su “La Stampa” del 6 aprile 1969.
A quel tempo la Ginzburg aveva 56 anni (se non sbaglio i calcoli).
“Lessico famigliare”, il suo romanzo più celebre, accolto da un forte consenso di critica e di pubblico, aveva vinto il premio Strega nel 1963 (dunque sei anni prima).
Ecco cosa scrive la Ginzburg.
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di Natalia Ginzburg
da La Stampa, 6 aprile 1969
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Tempo fa un giornale mi ha chiesto di rispondere alla domanda se credevo che il romanzo fosse in crisi, ma non ho risposto, perché le parole “crisi del romanzo” le trovavo odiosissime, evocando in me il loro suono unicamente romanzi brutti, e già morti e stramorti, il cui destino mi era indifferente. Credo d’aver pensato che non aveva senso ragionare tanto sul romanzo, e meglio era forse tentare di scrivere dei romanzi per seppellirli magari in qualche cassetto nel caso che non fossero vivi, se siamo o siamo stati dei romanzieri.
Poi ho letto Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, colombiano che vive in Spagna. Da tempo non leggevo più nulla che mi colpisse tanto profondamente. Se è vero come dicono che il romanzo è morto, o si prepara a morire, salutiamo allora gli ultimi romanzi che son venuti a rallegrare la terra.
Di Cent’anni di solitudine si è scritto e parlato molto, in ltalia e fuori, ma io lo amo tanto che ho paura che non se ne parli abbastanza, che la gente lo legga poco e che venga confuso fra i mille romanzi nuovi che escono e che ci affollano da ogni parte. Il fatto che escano sempre tanti romanzi nuovi non prova per nulla che il romanzo sia vivo. Se vi fosse ragione di pensare che la specie dei conigli sta per estinguersi, per lunghi anni vedremo ancora forme pallide e stanche di conigli, le quali continuerebbero a congiungersi, a inseguirsi nei prati e a popolare la terra. I segni d’una prossima morte della specie noi potremmo scorgerli in particolari minimi, un pallore o un vago languore nell’aspetto dei nuovi nati, una nostra diffidenza e malinconia nel guardare le loro evoluzioni sull’erba.
Il vedere in alcune di quelle forme la felicità e il desiderio di vivere sarebbe per noi doloroso, non destando in noi né desiderio di vivere né felicità, ma solo un amaro assentimento e un amaro addio. La stessa cosa avrei pensato dovesse accaderci riguardo al romanzo. La scoperta possibile d’un romanzo vivo, non provando per nulla che la specie sia viva, pensavo dovesse essere per noi dolorosa, perché unita a pensieri di compianto su quanto dicono che sta per sparire.
Ma, quando pensavo così, forse non ricordavo più che cosa fosse un romanzo vivo. Non ricordavo quanta vita porta in noi e come può di colpo, con la sua viva presenza, travolgere insieme le nostre vesti di lutto e la nostra intima lugubre indifferenza.
Ho letto Cent’anni di solitudine per caso, e l’ho cominciato senza voglia e con diffidenza. Come siamo diventati diffidenti. Siamo diventati dei cattivi lettori di romanzi. Inoltre i romanzi a cui tentiamo di avvicinarci spesso ci respingono indietro alle prime righe, oppure ci sembra leggendoli di mangiare pietre, segatura o polvere, oppure ancora li leggiamo distratti e tristi come se fossimo in piedi e, carichi di valigie nella sala d’aspetto di una stazione, pieni di tedio e di freddo.
Se il romanzo muore perché noi abbiamo cessato di amarlo, o se abbiamo cessato di amarlo perché pensiamo che tanto muore, io non lo so. Si è diffusa intorno a noi l’idea che esso è prossimo a estinguersi e questa idea è penetrata in noi come la sottile stanchezza avvelenata da romanzi brutti e da cibi morti. Si è diffusa l’idea che sia una colpa abbandonarsi a romanzi, che il romanzo è evasione e consolazione, e necessario è non evadere e non consolarsi, ma stare fermamente inchiodati nel mezzo della realtà. Siamo oppressi da un senso di colpa nei confronti della realtà. Questo nostro senso di colpa ci induce a temere i romanzi, come qualcosa che possa portarci lontano dalla realtà. E anche quelli di noi che non credono che non sia così, pure una simile idea la respirano, la subiscono e la patiscono, essendo un’idea sottilmente contagiosa e la nostra presente società umana è stranamente soggetta ai contagi, le idee vere e le idee false, si diffondono e si confondono sopra di noi come le nuvole, mescolandosi a incubi e spettricollettivi per cui non sappiamo più distinguere il falso dal vero.
Se tentiamo oggi di scrivere un romanzo abbiamo la sensazione di fare una cosa che nessuno vuole più, che dunque non è destinata a nessuno, e questo rende la nostra mano fiacca e la nostra immaginazione fredda e stanca e se tentiamo di leggere un romanzo abbiamo la sensazione che sia proibito e negato ormai l’abbandono a un mondo immaginario che altri ha creato per noi, e così, troviamo infiniti pretesti per non leggere quel romanzo e lasciarlo cadere: la nostra vita, troppo ansiosa e affollata di incubi e spettri privati e collettivi che ci assediano e ci incalzano da ogni parte.
Torniamo allora a volte ai romanzi del passato, come a una miniera di beni preziosi e vitali che il nostro tempo ha perduto. Ma isolarli nel passato è come averli custoditi sottovetro, come averli imprigionati nei musei della memoria. Abbiamo un estremo desiderio di romanzi nati dal presente, che portino i segni del presente, per mescolarli a quelli di una volta e amarli insieme. E un simile desiderio non sappiamo se sia condiviso da altri o se ormai a sentirlo siamo gli ultimi, se esso sia frutto di una nostra insensatezza di solitari o se sia generato da un’esigenza universale e essenziale.
Leggere Cent’anni di solitudine è stato per me come udire uno squillo di tromba che mi svegliasse dal sonno. L’ho cominciato senza voglia e aspettandomi d’essere sospinta indietro. Qualcosa ha incatenato la mia attenzione e sono andata avanti, avendo la sensazione di procedere in una boscaglia fittissima e verde, piena d’uccelli, di serpenti e d’insetti. Dopo averlo letto m’è parso d’aver seguito un volo d’uccelli rapidissimo e sterminato, in un cielo di sterminate distanze dove non c’era consolazione se non l’amara e corroborante coscienza del vero.
Ma non parlerò di questo romanzo e non tenterò di riassumerlo, amandolo troppo per poterlo commentare e chiudere in poche righe. Vorrei solo pregare chi non l’avesse ancora letto di leggerlo senza indugio. Io ho passato due giorni senza mai veramente staccare da quelle pagine il mio pensiero, tirando su ogni tanto la testa per guardare i luoghi e i volti che là vivevano, come contempliamo i tratti e ascoltiamo nel nostro cuore le voci delle persone che amiamo.
Dopo ho ancora letto e amato qualche altro romanzo, perché i romanzi veri hanno il prodigio di restituirci l’amore alla vita e la sensazione concreta di quello che dalla vita vogliamo. I romanzi veri hanno il potere di spazzare via da noi la viltà, il torpore e la sottomissione alle idee collettive, ai contagi e agli incubi che respiriamo nell’aria. I romanzi veri hanno il potere di portarci di colpo nel cuore del vero.
Questo romanzo è la storia di una famiglia in un villaggio. Probabilmente nel futuro non ci saranno più famiglie né villaggi, ma ci saranno solo villaggi e collettività. Esso è dunque l’ultimo o uno degli ultimi romanzi dove abbiano vita queste cose e vi si avverte la coscienza e lo strazio di essere fra gli ultimi, e insieme la grande e libera allegria e felicità di avere avuto ancora per esistere un breve istante. Nel futuro non ci saranno più romanzi di sorta, ma dovranno passare secoli, per la lentezza con cui si estingue la specie. Per qualche tempo, i romanzi non saranno che grida rotte e singhiozzi, poi calerà il silenzio.
La gente sarà gonfia di romanzi non scritti e storie sotterranee e segrete circoleranno nella profondità della terra. Per appagare la propria sete segreta, la gente inventerà dei surrogati, come ci saranno compresse e biscotti sintetici per sostituire il pane e l’acqua, così ci saranno dei surrogati dei romanzi, avendo gli uomini una fantasia geniale nel trovare dei surrogati alle cose di cui soffrono la privazione. Così passeranno dei secoli.
Poi un giorno il romanzo, come la fenice, rinascerà dalle sue stesse ceneri. Perché il romanzo è fra le cose del mondo che sono insieme inutili e necessarie, totalmente inutili, perché prive d’ogni visibile ragione d’essere e d’ogni scopo, eppure necessarie alla vita come il pane e l’acqua, ed è fra le cose del mondo che sono spesso minacciate di morte e sono tuttavia immortali.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7495 Sergio Sozi Thu, 08 Nov 2007 23:26:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7495 Massimo: lo so che scherzavi... pero' e' vero anche che sono un tantino suscettibile, su temi ''sensibili''. Ne faccio Mea culpa. Eccellente idea quella di parlare ora anche sul ''come'' scrivere. Io ho poco da dire, solo un manuale ''sacro'' da proporre a tutti: ''Lo studio e l'arte dello scrivere'', di Umberto Panozzo, Le Monnier, Firenze 1961. Questo, credetemi E' UN ALTARE ALLA NOSTRA LINGUA E UNA GUIDA CERTA PER NOI TUTTI!! VOLUME COMPLETO ED ESAURIENTE. Se non ce l'avete, procuratevelo in ogni maniera (o... ehm... inventatelo)! Ri-buonanotte Sergio Massimo: lo so che scherzavi… pero’ e’ vero anche che sono un tantino suscettibile, su temi ‘’sensibili”. Ne faccio Mea culpa.
Eccellente idea quella di parlare ora anche sul ”come” scrivere. Io ho poco da dire, solo un manuale ‘’sacro” da proporre a tutti: ”Lo studio e l’arte dello scrivere”, di Umberto Panozzo, Le Monnier, Firenze 1961. Questo, credetemi E’ UN ALTARE ALLA NOSTRA LINGUA E UNA GUIDA CERTA PER NOI TUTTI!! VOLUME COMPLETO ED ESAURIENTE. Se non ce l’avete, procuratevelo in ogni maniera (o… ehm… inventatelo)!
Ri-buonanotte
Sergio

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Di: Enrico Gregori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7494 Enrico Gregori Thu, 08 Nov 2007 23:26:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7494 Colgo subito l'invito "cubista" di Massimo e dichiaro il mio favore a qualche misurata innovazione terminologica dettata soprattutto dalla pratica quotidiana, mentre dichiaro invece il mio incondizionato interesse per un diverso assemblaggio di frasi e periodi. Non so, in sostanza, quanto bisogno ci sia di nuovi termini. Credo però che sia interessante (non dico certo indispensabile) un'alternativa alla costruzione del linguaggio scritto. Tenterò un esempio. Scrivere: "il fiume scorre in maniera regolare fino a quando non raggiunge il mare" è senza dubbio corretto e descrittivo. Ma mi viene meglio e mi suona ancor meglio "Inesorabile quel fiume che scroscia su se stesso finchè nel mare non si sfracella". Sono, in sostanza, per l'onomatopeica delle senzazioni. Forse è un piccolo lusso che oggi possiamo concederci laddove Ariosto e Tasso raggiunsero l'apoteosi con la purezza dello stile. @ massimo: non ho un ego sensibile, ho un ego invadente e fastidioso. ma ciò non mi impedisce di interagire se e quando decido di farlo. diciamo che sono estremamente selettivo...e un bel po' stronzo. @sergio: ma se adesso mi diventi tollerante, che gusto avrò mai più nel prenderti per i fondelli? :-) Colgo subito l’invito “cubista” di Massimo e dichiaro il mio favore a qualche misurata innovazione terminologica dettata soprattutto dalla pratica quotidiana, mentre dichiaro invece il mio incondizionato interesse per un diverso assemblaggio di frasi e periodi.
Non so, in sostanza, quanto bisogno ci sia di nuovi termini. Credo però che sia interessante (non dico certo indispensabile) un’alternativa alla costruzione del linguaggio scritto.
Tenterò un esempio. Scrivere: “il fiume scorre in maniera regolare fino a quando non raggiunge il mare” è senza dubbio corretto e descrittivo. Ma mi viene meglio e mi suona ancor meglio “Inesorabile quel fiume che scroscia su se stesso finchè nel mare non si sfracella”.
Sono, in sostanza, per l’onomatopeica delle senzazioni. Forse è un piccolo lusso che oggi possiamo concederci laddove Ariosto e Tasso raggiunsero l’apoteosi con la purezza dello stile.
@ massimo:
non ho un ego sensibile, ho un ego invadente e fastidioso. ma ciò non mi impedisce di interagire se e quando decido di farlo. diciamo che sono estremamente selettivo…e un bel po’ stronzo.
@sergio:
ma se adesso mi diventi tollerante, che gusto avrò mai più nel prenderti per i fondelli? :-)

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Di: Fiorenza Aste http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7492 Fiorenza Aste Thu, 08 Nov 2007 23:00:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7492 Molto felice di stare in famiglia. Molto felice di condividere con voi cose profonde e dense. Una buona notte a tutti, miei cari. Molto felice di stare in famiglia.
Molto felice di condividere con voi cose profonde e dense.
Una buona notte a tutti, miei cari.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7484 Massimo Maugeri Thu, 08 Nov 2007 22:31:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7484 Sergio, ma stavo scherzando... :-) Comunque grazie per "la pazienza da santo". Sergio, ma stavo scherzando… :-)
Comunque grazie per “la pazienza da santo”.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7483 Massimo Maugeri Thu, 08 Nov 2007 22:29:07 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7483 Rilancio il post fornendo uno spunto "collaterale". Vediamo se riesco a farvi arrabbiare... Abbiamo discusso sul "perchè scrivere" (e spero che continueremo a farlo all'interno di questo post). Potremmo interrogarci sul "come scrivere" e sull'<em>evoluzione</em> dello scrivere. Riciclo un mio intervento lasciato sul blog di Zauberei. Come sapete Severgnini ha scritto e pubblicato un libro sulla scrittura volto a stigmatizzare gli errori marchiani (comunemente commessi) e a fornire delle “chiavi” agli scriventi improvvidi: "L’italiano. Lezioni semiserie" (Rizzoli). Ora, io credo che la scrittura debba essere “in movimento”, che necessiti di scossoni, di spallate, di piccole rivoluzioni per salvarla dalla fanghiglia della staticità. Ma penso anche che per fare ciò sia necessario conoscere la scrittura “vigente” - e le sue regole - a menadito. Giusto per fare un esempio: il cubismo di Picasso (inteso come “rottura” degli schemi) passa da una grande conoscenza e interpretazione dell’arte pittorica. Non è che Picasso un giorno si sveglia e, senza aver mai dipinto in vita sua, dice a se stesso: “va bene, ora invento il cubismo”. Non so se rendo l’idea. Cosa ne pensate? Rilancio il post fornendo uno spunto “collaterale”.
Vediamo se riesco a farvi arrabbiare…
Abbiamo discusso sul “perchè scrivere” (e spero che continueremo a farlo all’interno di questo post).
Potremmo interrogarci sul “come scrivere” e sull’evoluzione dello scrivere.
Riciclo un mio intervento lasciato sul blog di Zauberei.
Come sapete Severgnini ha scritto e pubblicato un libro sulla scrittura volto a stigmatizzare gli errori marchiani (comunemente commessi) e a fornire delle “chiavi” agli scriventi improvvidi: “L’italiano. Lezioni semiserie” (Rizzoli).
Ora, io credo che la scrittura debba essere “in movimento”, che necessiti di scossoni, di spallate, di piccole rivoluzioni per salvarla dalla fanghiglia della staticità. Ma penso anche che per fare ciò sia necessario conoscere la scrittura “vigente” – e le sue regole – a menadito. Giusto per fare un esempio: il cubismo di Picasso (inteso come “rottura” degli schemi) passa da una grande conoscenza e interpretazione dell’arte pittorica. Non è che Picasso un giorno si sveglia e, senza aver mai dipinto in vita sua, dice a se stesso: “va bene, ora invento il cubismo”.
Non so se rendo l’idea.
Cosa ne pensate?

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7480 Sergio Sozi Thu, 08 Nov 2007 22:22:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7480 Ha ragione Massimo: ho un po' la coda di paglia su certe scelte fondanti della mia vita - di molte non parlo perche' sono intime e le sa solo chi conosco personalmente, di qualcun'altra non ho troppe reticenze a parlare pubblicamente in luoghi civili e cordiali, sinceri come questo. In linea generale, personalmente sono tollerantissimo e chiedo scusa quando sbaglio, modifico le mie opinioni dopo averci pensato su molto. Insomma finche' nessuno mi obbliga ad entrare nel gregge non mi arrabbio e sono di buona compagnia (spero). E Massimo in questo mi sembra molto simile a me... solo che lui in piu' ha una pazienza da santo! Buonanotte! Sergio Ha ragione Massimo: ho un po’ la coda di paglia su certe scelte fondanti della mia vita – di molte non parlo perche’ sono intime e le sa solo chi conosco personalmente, di qualcun’altra non ho troppe reticenze a parlare pubblicamente in luoghi civili e cordiali, sinceri come questo. In linea generale, personalmente sono tollerantissimo e chiedo scusa quando sbaglio, modifico le mie opinioni dopo averci pensato su molto. Insomma finche’ nessuno mi obbliga ad entrare nel gregge non mi arrabbio e sono di buona compagnia (spero). E Massimo in questo mi sembra molto simile a me… solo che lui in piu’ ha una pazienza da santo!
Buonanotte!
Sergio

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7476 Massimo Maugeri Thu, 08 Nov 2007 22:03:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7476 Cara Fiorenza, grazie per il tuo intervento. L'ho letto con piacere e l'ho apprezzato molto. Puoi considerarti come facente parte della famiglia allargata di Letteratitudine. In altre parole... sentiti "cooptata". Scrivi: "Cerco l’essere umano. E lo cerco dovunque riesco a trovarlo. Negli incontri di ogni giorno a casa e a scuola, così come fra le pagine dei libri. E ogni volta che lo incontro, esulto." Spero che "l'essere umano" tu possa trovarlo anche qui. Io ce la metto tutta per dare un tocco di umanità a questo spazio virtuale. E gli amici che scrivono qui mi danno una grandissima mano in tal senso. - Detto ciò, consentimi di darti un suggerimento: non dare eccessiva confidenza a Sozi e Gregori. Sono due tipi diversi, ma accomunati dal fatto di <em>possedere </em> ego molto... "sensibili". Meglio non dare troppa corda. ;) Naturalmente scherzo. Ciao. Cara Fiorenza,
grazie per il tuo intervento. L’ho letto con piacere e l’ho apprezzato molto.
Puoi considerarti come facente parte della famiglia allargata di Letteratitudine. In altre parole… sentiti “cooptata”.
Scrivi: “Cerco l’essere umano. E lo cerco dovunque riesco a trovarlo. Negli incontri di ogni giorno a casa e a scuola, così come fra le pagine dei libri. E ogni volta che lo incontro, esulto.”
Spero che “l’essere umano” tu possa trovarlo anche qui.
Io ce la metto tutta per dare un tocco di umanità a questo spazio virtuale. E gli amici che scrivono qui mi danno una grandissima mano in tal senso.
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Detto ciò, consentimi di darti un suggerimento: non dare eccessiva confidenza a Sozi e Gregori. Sono due tipi diversi, ma accomunati dal fatto di possedere ego molto… “sensibili”. Meglio non dare troppa corda.
;)
Naturalmente scherzo.
Ciao.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7456 Sergio Sozi Thu, 08 Nov 2007 19:24:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7456 Con te sara' diverso. Sergio Con te sara’ diverso.
Sergio

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Di: Enrico Gregori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7455 Enrico Gregori Thu, 08 Nov 2007 19:08:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7455 Ammazza Fiore', hai ammutolito Sozi tanto da ridurlo a una replica di tre parole. Che femmina! :-) Ammazza Fiore’, hai ammutolito Sozi tanto da ridurlo a una replica di tre parole. Che femmina! :-)

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7454 Sergio Sozi Thu, 08 Nov 2007 19:01:29 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7454 Cara Fiorenza, grazie. Sergio Sozi Cara Fiorenza, grazie.
Sergio Sozi

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Di: Fiorenza Aste http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7446 Fiorenza Aste Thu, 08 Nov 2007 18:20:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7446 Carissimi tutti. Accolgo con molto piacere l’invito di Massimo Maugeri a passare al tu. Se nessuno se ne dispiace, lo estenderei a tutti. E se qualcuno se ne dispiace, me lo dica, tornerò volentieri al lei. A Enrico: un altro bacio ;-))) ma rigorosamente in pubblico… (la meditazione ha incluso anche il tuo messaggio; me la passi tu la canna, dunque?) Chiedo scusa per i tempi lunghi, ma sono lenta. Ho bisogno di passarmi le cose dentro più volte, per sentire che sapore hanno per davvero. Se do una risposta immediata, sono quasi certa di dire le cose solo con la pelle. Solo con la mente. Ho bisogno, passatemi il termine, di “respirarci sopra” per un po’, in modo da dar loro il tempo di arrivare a una buona profondità. Questo perché nel procedere mi fido poco del pensiero razionale. Quando rispondo con la ragione ho spesso la sensazione di operare semplificazioni. Di sezionare l’intero in pezzetti. Oppure viceversa, di categorizzare e generalizzare. E invece vorrei rispondere sinceramente. E questo per me significa partire dalla mia concretezza. Dall’orizzonte della mia esperienza pratica. Dal mio essere nel mondo. Della scrittura ho già detto. Scrivere è essere. E’ un’incarnazione dell’essere. Uno dei modi che il mio essere nel mondo manifesta. (Disperato? Sì, certo. Anche. Ma non necessariamente. Anche esultante). Non penso di poter dire molto altro. Ma qualcosa posso dire sul leggere. E, ancora, parto dalla mia pratica di lettrice. Non riesco a fare generalizzazioni. Non riesco neppure a stabilire se possono esserci dei criteri secondo cui decidere se un testo è buono oppure no. O parametri per decidere l’eticità o meno di un testo. Credo che la cosa non mi interessi. Cerco l’essere umano. E lo cerco dovunque riesco a trovarlo. Negli incontri di ogni giorno a casa e a scuola, così come fra le pagine dei libri. E ogni volta che lo incontro, esulto. Non c’è spettacolo più affascinante e commovente di un essere umano in movimento. Il suo esistere, il suo respiro, la sua fatica, il suo dolore. Le sue illuminazioni e le sue cocciute non visioni. Il suo svelarsi e il suo spaventato nascondersi. Che altro. Quando lo incontro in un libro, lo riconosco. Che sia il Decamerone o la Commedia o una tragedia di Shakespeare o Moby Dick o un fumetto o un libro di Carver o di Simenon, o l’elenco del telefono, se lo incontro lo riconosco. E non lo faccio in modo consapevole, o seguendo dei criteri. E’ che mi si mostra. E’ lì. E vederlo e riconoscerlo è tutt’uno. Non conosco altro criterio di ricerca. E poi è vero, è buono quando uno scrittore non si sovrappone al testo. E’ buono il suo sparire e lasciare che siano le parole scritte a parlare. Perché è l’interazione fra lettore e testo scritto che genera frutti, e ogni intervento (razionale…) di chi ha scritto rischia di compromettere il raccolto. Ma è anche vero che quando incontro lo scrittore, fra le sue pagine, mi commuovo. E incomincio a cercarlo. A seguirlo. Di personaggio in personaggio. Di libro in libro. Lo vedo muoversi dietro le infinite maschere che ha scelto per mostrarsi a noi, e ancora una volta, è uno spettacolo emozionante. Commovente. L’essere umano, ancora una volta. Che altro. Buona serata a tutti. Carissimi tutti.
Accolgo con molto piacere l’invito di Massimo Maugeri a passare al tu. Se nessuno se ne dispiace, lo estenderei a tutti. E se qualcuno se ne dispiace, me lo dica, tornerò volentieri al lei.
A Enrico: un altro bacio ;-) )) ma rigorosamente in pubblico… (la meditazione ha incluso anche il tuo messaggio; me la passi tu la canna, dunque?)
Chiedo scusa per i tempi lunghi, ma sono lenta. Ho bisogno di passarmi le cose dentro più volte, per sentire che sapore hanno per davvero. Se do una risposta immediata, sono quasi certa di dire le cose solo con la pelle. Solo con la mente. Ho bisogno, passatemi il termine, di “respirarci sopra” per un po’, in modo da dar loro il tempo di arrivare a una buona profondità. Questo perché nel procedere mi fido poco del pensiero razionale. Quando rispondo con la ragione ho spesso la sensazione di operare semplificazioni. Di sezionare l’intero in pezzetti. Oppure viceversa, di categorizzare e generalizzare.
E invece vorrei rispondere sinceramente. E questo per me significa partire dalla mia concretezza. Dall’orizzonte della mia esperienza pratica. Dal mio essere nel mondo.
Della scrittura ho già detto. Scrivere è essere. E’ un’incarnazione dell’essere. Uno dei modi che il mio essere nel mondo manifesta. (Disperato? Sì, certo. Anche. Ma non necessariamente. Anche esultante).
Non penso di poter dire molto altro.
Ma qualcosa posso dire sul leggere.
E, ancora, parto dalla mia pratica di lettrice. Non riesco a fare generalizzazioni. Non riesco neppure a stabilire se possono esserci dei criteri secondo cui decidere se un testo è buono oppure no. O parametri per decidere l’eticità o meno di un testo. Credo che la cosa non mi interessi.
Cerco l’essere umano. E lo cerco dovunque riesco a trovarlo. Negli incontri di ogni giorno a casa e a scuola, così come fra le pagine dei libri. E ogni volta che lo incontro, esulto.
Non c’è spettacolo più affascinante e commovente di un essere umano in movimento. Il suo esistere, il suo respiro, la sua fatica, il suo dolore. Le sue illuminazioni e le sue cocciute non visioni. Il suo svelarsi e il suo spaventato nascondersi.
Che altro.
Quando lo incontro in un libro, lo riconosco.
Che sia il Decamerone o la Commedia o una tragedia di Shakespeare o Moby Dick o un fumetto o un libro di Carver o di Simenon, o l’elenco del telefono, se lo incontro lo riconosco. E non lo faccio in modo consapevole, o seguendo dei criteri. E’ che mi si mostra. E’ lì. E vederlo e riconoscerlo è tutt’uno.
Non conosco altro criterio di ricerca.
E poi è vero, è buono quando uno scrittore non si sovrappone al testo. E’ buono il suo sparire e lasciare che siano le parole scritte a parlare. Perché è l’interazione fra lettore e testo scritto che genera frutti, e ogni intervento (razionale…) di chi ha scritto rischia di compromettere il raccolto.
Ma è anche vero che quando incontro lo scrittore, fra le sue pagine, mi commuovo. E incomincio a cercarlo. A seguirlo. Di personaggio in personaggio. Di libro in libro. Lo vedo muoversi dietro le infinite maschere che ha scelto per mostrarsi a noi, e ancora una volta, è uno spettacolo emozionante. Commovente.
L’essere umano, ancora una volta.
Che altro.
Buona serata a tutti.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7371 Sergio Sozi Wed, 07 Nov 2007 22:47:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7371 Ed ora tornateci voi, al tema, perche' io sono distrutto e mi accomiato. Bacioni e Sogni d'Oro a tutti (ah! Ah! ''bacioni'' detto da me suona paradossale come un Enrico che ammettesse seriamente la bellezza di almeno una rete che qualcuno avesse segnato alla Roma!) Sergio Ed ora tornateci voi, al tema, perche’ io sono distrutto e mi accomiato.
Bacioni e Sogni d’Oro a tutti
(ah! Ah! ”bacioni” detto da me suona paradossale come un Enrico che ammettesse seriamente la bellezza di almeno una rete che qualcuno avesse segnato alla Roma!)
Sergio

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7370 Sergio Sozi Wed, 07 Nov 2007 22:42:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7370 Mi ronzava l'orecchio e... PUF! spunta Enrico. Ciao bello! Per compiacerti ti dedico questi versi: ''Ed ora cantate, o Muse dell'Olimpo dagli accenti soavi, progenie dell'egioco Zeus, cantate la stirpe delle donne, che in quel tempo erano le piu' prestanti e le piu' belle sulla terra, e sciolsero la cintura virginale ed a causa dell'aurea Afrodite unendosi agli dei generarono figli dall'aspetto divino (...)'' (Esiodo, dal ''Catalogo delle donne'', vv. 1-5, trad. Aristide Colonna) 'Notte, va. Sergio Mi ronzava l’orecchio e… PUF! spunta Enrico. Ciao bello! Per compiacerti ti dedico questi versi:
”Ed ora cantate, o Muse dell’Olimpo dagli accenti soavi, progenie dell’egioco Zeus, cantate la stirpe delle donne, che in quel tempo erano le piu’ prestanti e le piu’ belle sulla terra, e sciolsero la cintura virginale ed a causa dell’aurea Afrodite unendosi agli dei generarono figli dall’aspetto divino (…)”
(Esiodo, dal ”Catalogo delle donne”, vv. 1-5, trad. Aristide Colonna)
‘Notte, va.
Sergio

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7369 Massimo Maugeri Wed, 07 Nov 2007 22:37:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7369 @ Fiorenza: Fiorenza mi scuso per Enrico Gregori, ma dopo le partite della Roma lui diventà così. ;) --- Ora torniamo all'argomento del post... @ Fiorenza:
Fiorenza mi scuso per Enrico Gregori, ma dopo le partite della Roma lui diventà così.
;)

Ora torniamo all’argomento del post…

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Di: Enrico Gregori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7368 Enrico Gregori Wed, 07 Nov 2007 22:30:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7368 A Fiore', 'na notte 'ntera pe' riflette su quello che dice Sozi????? Ma fatte 'na canna! :-) A Fiore’, ‘na notte ‘ntera pe’ riflette su quello che dice Sozi????? Ma fatte ‘na canna! :-)

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7365 Massimo Maugeri Wed, 07 Nov 2007 21:55:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7365 (off topic) @ Sergio: e infatti ho detto che Boccaccio fu "il primo a ...". Con Dolce ci spostiamo in avanti di ulteriori 200 anni. Comunque concordo con te sulla assoluta grandezza del Sommo Poeta. Ci mancherebbe. Non per nulla ho inserito il post "Torniamo a Dante" tra i permanenti (colonna di destra del sito). E non mi pare che tu sia stato offensivo nei confronti della Papini. Ma ora da Dante torniamo allo scritto di Camon. - @ Fiorenza: diamoci del tu, vuoi? E chiamiamoci per nome... qui siamo in famiglia! Ciao. ;) (off topic)
@ Sergio:
e infatti ho detto che Boccaccio fu “il primo a …”. Con Dolce ci spostiamo in avanti di ulteriori 200 anni.
Comunque concordo con te sulla assoluta grandezza del Sommo Poeta. Ci mancherebbe. Non per nulla ho inserito il post “Torniamo a Dante” tra i permanenti (colonna di destra del sito).
E non mi pare che tu sia stato offensivo nei confronti della Papini.
Ma ora da Dante torniamo allo scritto di Camon.
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@ Fiorenza:
diamoci del tu, vuoi? E chiamiamoci per nome… qui siamo in famiglia!
Ciao.
;)

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Di: Fiorenza Aste http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7363 Fiorenza Aste Wed, 07 Nov 2007 21:39:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7363 Caro Maugeri, sono io a ringraziarla per la preziosa occasione di riflessione che lei, insieme a Camon, ci ha offerto. Ho letto con molta attenzione le sue argomentazioni, caro Sozi. Mi prendo una notte e un giorno per meditarci sopra. A domani notte. Auguro una buona serata a tutti. Caro Maugeri, sono io a ringraziarla per la preziosa occasione di riflessione che lei, insieme a Camon, ci ha offerto.

Ho letto con molta attenzione le sue argomentazioni, caro Sozi.
Mi prendo una notte e un giorno per meditarci sopra.
A domani notte.
Auguro una buona serata a tutti.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7361 Sergio Sozi Wed, 07 Nov 2007 21:39:24 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7361 A Massimo: va bene: affermo che Dante fu Sommo sin da subito, nonostante i contrastanti giudizi dei suoi contemporanei sull'opera e sull'autore. Me ne assumo la responsabilita' per intero. La definitiva ''divinizzazione'' scritta della sua ''Commedia'' (o ''Comedia''), invece, le mie fonti dicono che sia dipesa da questa definizione che piu' autori ebbero a dichiarare: il Boccaccio (come hai giustamente detto tu) ma anche C. Tolomei (nel suo ''Cesano'') e soprattutto, in via definitiva, nell'edizione del 1555, da Ludovico Dolce. Sembra pertanto che, se oggi la chiamiamo cosi', cio' sia dipeso in larga misura dall'aggettivazione del Dolce. Concatenazione, questa, di ''canonizzazioni'', che la dice lunga sulla fortuna dell'opera. Dal Trecento a oggi. Ininterrottamente. Altro che ''avanguardia'': Dante fu ed e' l'autore di un testo sacro! (Poi ognuno la pensi come vuole: non scrivo per combattere le opinioni altrui ma per esprimere le mie ed eventualmente anche rivedere e correggere queste ultime, quando ne sia il caso). Saluti Cari a te e alla sig.ra Papini, che spero non se la sia presa per quanto ho sopra scritto e che considero tutt'ora giusto, anche se dissenziente dalle sue opinioni. Ripeto: scrivo quel che penso, non offendo nessuno. Sergio A Massimo:
va bene: affermo che Dante fu Sommo sin da subito, nonostante i contrastanti giudizi dei suoi contemporanei sull’opera e sull’autore. Me ne assumo la responsabilita’ per intero.
La definitiva ”divinizzazione” scritta della sua ”Commedia” (o ”Comedia”), invece, le mie fonti dicono che sia dipesa da questa definizione che piu’ autori ebbero a dichiarare: il Boccaccio (come hai giustamente detto tu) ma anche C. Tolomei (nel suo ”Cesano”) e soprattutto, in via definitiva, nell’edizione del 1555, da Ludovico Dolce.
Sembra pertanto che, se oggi la chiamiamo cosi’, cio’ sia dipeso in larga misura dall’aggettivazione del Dolce.
Concatenazione, questa, di ”canonizzazioni”, che la dice lunga sulla fortuna dell’opera. Dal Trecento a oggi. Ininterrottamente. Altro che ”avanguardia”: Dante fu ed e’ l’autore di un testo sacro!
(Poi ognuno la pensi come vuole: non scrivo per combattere le opinioni altrui ma per esprimere le mie ed eventualmente anche rivedere e correggere queste ultime, quando ne sia il caso).
Saluti Cari a te e alla sig.ra Papini, che spero non se la sia presa per quanto ho sopra scritto e che considero tutt’ora giusto, anche se dissenziente dalle sue opinioni. Ripeto: scrivo quel che penso, non offendo nessuno.
Sergio

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7357 Massimo Maugeri Wed, 07 Nov 2007 21:06:44 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7357 (off topic) @ Sergio: sulla "Divina Commedia". Credo che la "Commedia" abbia dato fastidio a molti dei contemporanei anche per via della sua valenza <em>politica</em>. Quanto a Boccaccio, mi risulta che fu colui che per primo usò l'aggettivo "Divina" per la "Commedia" di Dante. E in particolare in una sua biografia dantesca, "Trattatello in laude di Dante" del 1373... più o meno 70 anni dopo il periodo in cui, si pensa, sia stato scritto il poema. 70 anni non sono molti, se considerati in ottica di lungo periodo, ma da un altro punto di vista non sono nemmeno pochissimi. (off topic)
@ Sergio: sulla “Divina Commedia”.
Credo che la “Commedia” abbia dato fastidio a molti dei contemporanei anche per via della sua valenza politica.
Quanto a Boccaccio, mi risulta che fu colui che per primo usò l’aggettivo “Divina” per la “Commedia” di Dante. E in particolare in una sua biografia dantesca, “Trattatello in laude di Dante” del 1373… più o meno 70 anni dopo il periodo in cui, si pensa, sia stato scritto il poema.
70 anni non sono molti, se considerati in ottica di lungo periodo, ma da un altro punto di vista non sono nemmeno pochissimi.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7356 Massimo Maugeri Wed, 07 Nov 2007 21:00:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7356 Aggiungo che Ferdinando Camon è stato fuori sede in questi giorni, ma ha avuto modo di dare una rapida occhiata ai vostri commenti. Dalle parole che mi ha scritto per mail ho percepito una piacevole sorpresa per la numerosità e la competenza dei commenti. - Spero, dr. Camon, che possa trovare il tempo per intervenire direttamente. In ogni caso ne approfitto ancora una volta per ringraziarla per la disponibilità. Aggiungo che Ferdinando Camon è stato fuori sede in questi giorni, ma ha avuto modo di dare una rapida occhiata ai vostri commenti. Dalle parole che mi ha scritto per mail ho percepito una piacevole sorpresa per la numerosità e la competenza dei commenti.
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Spero, dr. Camon, che possa trovare il tempo per intervenire direttamente.
In ogni caso ne approfitto ancora una volta per ringraziarla per la disponibilità.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7355 Massimo Maugeri Wed, 07 Nov 2007 20:57:04 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7355 Vi ringrazio ancora una volta per i vostri commenti. Un ringraziamento particolare a coloro che mi hanno "linkato" dai loro blog: Zauberei, Sabrina Campolongo, Fiorenza Aste (spero di non dimenticare nessuno). Vi ringrazio ancora una volta per i vostri commenti.
Un ringraziamento particolare a coloro che mi hanno “linkato” dai loro blog: Zauberei, Sabrina Campolongo, Fiorenza Aste (spero di non dimenticare nessuno).

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7351 Sergio Sozi Wed, 07 Nov 2007 20:38:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7351 Correctio: Nell'ultima riga del precedente testo: ''soffire''=''soffiare''. Mi scuso con l'interessata per la svista di distrazione. S.S. Correctio:
Nell’ultima riga del precedente testo: ‘’soffire”=’’soffiare”.
Mi scuso con l’interessata per la svista di distrazione.
S.S.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7349 Sergio Sozi Wed, 07 Nov 2007 20:26:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7349 Cara sig.ra Fiorenza Aste, da quel che capisco, il Suo e' un rapporto viscerale con la scrittura - intesa come disperata ricerca veritativa, disperata in quanto da Lei sentita come un processo impossibile se non condotto per via soggettiva e dunque mai rincorrendo chimere d'oggettivita'. Percio' in soldoni dice di dover, nello scrivere, esser fedele alla propria ''carne'', ovvero onesta fino in fondo; ma chiede al suo lettore - ad opera terminata - quanto segue (la cito letteralmente): ''La mia responsabilità termina qui. Se qualcuno leggerà quello che è scritto, si assumerà le sue responsabilità. Ci metterà quello che è suo. Ma a quel punto, la responsabilità non è più mia. La mia parte l’ho fatta. Il resto è del lettore.'' Bene. Ammiro la Sua coraggiosa asserzione - molto calviniana - che in pratica scinde in ''due etiche'' il singolo problema etico della Letteratura, o meglio lo ''raddoppia''; Lei dice, insomma: io scrivo e lo faccio seriamente, poi chi legge cerchi di capirmi e di utilizzare al meglio quanto io credo di dire al meglio.'' Pero' il problema resta tale, anche se riportato interamente sull'opera senza considerare la vita dell'autore: come capire - ossia in base a quali parametri - l'eticita' di un'opera, la sua onesta', la serieta' del lavoro interiore dell'autore? Ferdinando Camon cerca di esporre le sue opinioni in merito. Io ho detto sopra quanto avevo da dire a riguardo. Ho detto che non mi interessa l'uomo scrivente ma lo scritto di quell'uomo a se' stante. Qui parte la mia ricerca di contenuti filosofici, morali ed estetici. Qui: dalle righe scritte e dalla loro relazione con me. E analizzando tali righe trovo che solo pochi grandi autori siano (o meglio siano stati finora) capaci con esse di rappresentare contemporaneamente sia la loro vita individuale che la summa delle vite altrui, nonche' altre verita' a tutti sconosciute ma esistenti, eterne. Dunque un vero scrittore, cioe' un grande scrittore (tertium non datur), secondo me e' al contempo un vate, un filosofo, un teologo, un grammatico e un drammaturgo. Il resto sono quelli come me: robetta che il vento disperdera'. Giustamente, perche' il vento e' sempre giusto e sa dove soffire con forza e dove non farsi neanche vedere. Saluti Cari Sergio Sozi Cara sig.ra Fiorenza Aste,
da quel che capisco, il Suo e’ un rapporto viscerale con la scrittura – intesa come disperata ricerca veritativa, disperata in quanto da Lei sentita come un processo impossibile se non condotto per via soggettiva e dunque mai rincorrendo chimere d’oggettivita’.
Percio’ in soldoni dice di dover, nello scrivere, esser fedele alla propria ”carne”, ovvero onesta fino in fondo; ma chiede al suo lettore – ad opera terminata – quanto segue (la cito letteralmente): ”La mia responsabilità termina qui. Se qualcuno leggerà quello che è scritto, si assumerà le sue responsabilità. Ci metterà quello che è suo. Ma a quel punto, la responsabilità non è più mia. La mia parte l’ho fatta. Il resto è del lettore.”
Bene. Ammiro la Sua coraggiosa asserzione – molto calviniana – che in pratica scinde in ”due etiche” il singolo problema etico della Letteratura, o meglio lo ”raddoppia”; Lei dice, insomma: io scrivo e lo faccio seriamente, poi chi legge cerchi di capirmi e di utilizzare al meglio quanto io credo di dire al meglio.”
Pero’ il problema resta tale, anche se riportato interamente sull’opera senza considerare la vita dell’autore: come capire – ossia in base a quali parametri – l’eticita’ di un’opera, la sua onesta’, la serieta’ del lavoro interiore dell’autore?
Ferdinando Camon cerca di esporre le sue opinioni in merito. Io ho detto sopra quanto avevo da dire a riguardo. Ho detto che non mi interessa l’uomo scrivente ma lo scritto di quell’uomo a se’ stante. Qui parte la mia ricerca di contenuti filosofici, morali ed estetici. Qui: dalle righe scritte e dalla loro relazione con me. E analizzando tali righe trovo che solo pochi grandi autori siano (o meglio siano stati finora) capaci con esse di rappresentare contemporaneamente sia la loro vita individuale che la summa delle vite altrui, nonche’ altre verita’ a tutti sconosciute ma esistenti, eterne. Dunque un vero scrittore, cioe’ un grande scrittore (tertium non datur), secondo me e’ al contempo un vate, un filosofo, un teologo, un grammatico e un drammaturgo.
Il resto sono quelli come me: robetta che il vento disperdera’. Giustamente, perche’ il vento e’ sempre giusto e sa dove soffire con forza e dove non farsi neanche vedere.
Saluti Cari
Sergio Sozi

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7347 Sergio Sozi Wed, 07 Nov 2007 19:45:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7347 Piccola considerazione per la sig.ra Maria Luisa Papini, non mia ma estratta dal volume ''Letteratura'' della collana nota come ''Garzantina'' (Milano 2003), ad vocem ''Dante Alighieri'': ''LA FORTUNA DELLA DIVINA COMMEDIA. La grandezza del poema dantesco fu subito sentita e riconosciuta anche dai contemporanei. Pochi anni dopo la morte del poeta la Commedia veniva letta in molte universita'. Boccaccio commentava alcuni canti dell'Inferno, per incarico del comune di Firenze. (...)''. Dunque... das ist das, direbbe un tedesco. Andiamoci piano, prima di omologare la fortuna di Dante a quella degli avanguardisti. I motivi sono tanti. E' inoltre risaputo che gia' molti contadini quattrocenteschi (analfabeti) sapevano a memoria lunghi passi di Dante, e cio' e' accaduto fino a pochi decenni or sono. Cordialmente Sergio Sozi Piccola considerazione per la sig.ra Maria Luisa Papini, non mia ma estratta dal volume ”Letteratura” della collana nota come ”Garzantina” (Milano 2003), ad vocem ”Dante Alighieri”:
”LA FORTUNA DELLA DIVINA COMMEDIA. La grandezza del poema dantesco fu subito sentita e riconosciuta anche dai contemporanei. Pochi anni dopo la morte del poeta la Commedia veniva letta in molte universita’. Boccaccio commentava alcuni canti dell’Inferno, per incarico del comune di Firenze. (…)”.
Dunque… das ist das, direbbe un tedesco. Andiamoci piano, prima di omologare la fortuna di Dante a quella degli avanguardisti. I motivi sono tanti. E’ inoltre risaputo che gia’ molti contadini quattrocenteschi (analfabeti) sapevano a memoria lunghi passi di Dante, e cio’ e’ accaduto fino a pochi decenni or sono.
Cordialmente
Sergio Sozi

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Di: Fiorenza Aste http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7345 Fiorenza Aste Wed, 07 Nov 2007 19:08:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7345 "Scusami, ma preferirei subito dire alla sig.ra Fiorenza che devo leggere meglio le cose interessanti che ha appena scritto poiche’ intendo risponderle." Aspetto la sua opinione, Caro Sozi. La leggerò con molto interesse. Buona serata a tutti. “Scusami, ma preferirei subito dire alla sig.ra Fiorenza che devo leggere meglio le cose interessanti che ha appena scritto poiche’ intendo risponderle.”

Aspetto la sua opinione, Caro Sozi. La leggerò con molto interesse. Buona serata a tutti.

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Di: Silvia Leonardi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7311 Silvia Leonardi Wed, 07 Nov 2007 13:36:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7311 A Enrico: beh, grazie, per il cuore d'oro :-) e per i versi che proporrò all'amica poetessa... e chi vuol capire capisca! A Enrico:
beh, grazie, per il cuore d’oro :-)
e per i versi che proporrò all’amica poetessa… e chi vuol capire capisca!

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Di: eventounico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7306 eventounico Wed, 07 Nov 2007 12:36:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7306 Chi avrà il coraggio di scrivere ancora ? Questo post dissuade, seleziona, condiziona, detta regole. Non c'è dubbio. E' evidente che l'autore dello stesso ne ha facoltà. Ciò che scrive Camon è talmente aureo che non può esistere diverso parere al riguardo. Devo confessare, tuttavia, che la sola domanda che da sempre mi porto dentro è "per chi si scrive ?". O, più correttamente, "chi è il principale destinatario della propria scrittura ?". Io non so molto di best-sellers o di libri reazionari. Tanto meno mi interessa capire chi scriva per professione e chi per diletto. Ho letto molto nella mia vita e continuerò a farlo, ma lo faccio per diletto personale. Parimenti scrivere, non da scrittore a questo punto e Dio me ne scampi, ha per me una funzione terapeutica. Non riesco a concepire altra pulsione alla scrittura se non quella che soddisfa un bisogno personale, specifico. Se proprio è necessario compiere uno sforzo di catalogazione, altrimenti non si è meritevoli di appartenere a questo mondo, tale bisogno è quello di uno scambio a due direzioni tra chi scrive e chi legge. A cosa serve, infatti, la scrittura o, ancora meglio, la poesia ? Essa rimane come mediazione tra la perfezione alla quale aspiriamo e la limitazione del nostro essere uomini. Una dimensione della transizione dall’umano al divino, dal soggetto che scrive all’oggetto dell’ispirazione. Scrittura dunque come bisogno di trascendenza da sè e, al tempo, soddisfacimento di un bisogno personale, appagamento di un desiderio. La dimensione del divino non è necessariamente super umana, potendola riscontrare in ogni cosa o persona con la quale veniamo in contatto e che per sua natura può assurgere a oggetto di ispirazione. Una scrittura istintiva, quanto può esserlo una pulsione d'amore nella quale ognuno difficilmente può mistificarsi e scegliere di essere altro da sè. Forse questo è etico. Polluzione verbale, non in quanto autoerotismo, bensì quale bisogno d'amore a lungo cercato e solo alla fine corrisposto, quando si realizzi quell'incontro tra l'autore ed il suo lettore, sempre singolo, sempre unico. Destinatario individuale, anche se parte di una massa, dunque, mai una moltitudine indistinta. In tal senso non posso concepire, nel progetto, una scrittura per molti. Questo post ha il pregio di toccare nel profondo chiunque provi a dare concretezza di parola scritta ai propri pensieri. E tutti hanno risposto secondo coscienza. Può esistere qualcosa di più etico ? Quanti leggeranno ciò che scriviamo ? E' veramente importante tenerne conto quando nasce l'esigenza di scrivere ? Quell'esigenza che mi guardo bene dal chiamare ispirazione, ma che non riesco a concepire come "passione fredda". Non sarebbe reale passione. Il sottobosco della letteratura pullula di esseri che vagano con quattro fogli e che ogni tanto leggono a voce alta (anche in qualche post), senza reticenza, al di fuori di ogni cassetto o stivale. Oggi chi scrive è chiamato ad essere pubblico, ma non per il pubblico. Giacchè è dallo scambio e dal confronto che può nascere vera "diversità". Anche se quella pulsione non sarà stata di rottura, purchè onesta, essa sola lasceremo ai nostri figli. La mia eredità sarà solo di parole, senza altro lignaggio dal momento che non so essere altro che quello che scrivo. E tanto mi basta. Chi avrà il coraggio di scrivere ancora ?

Questo post dissuade, seleziona, condiziona, detta regole. Non c’è dubbio. E’ evidente che l’autore dello stesso ne ha facoltà.

Ciò che scrive Camon è talmente aureo che non può esistere diverso parere al riguardo.

Devo confessare, tuttavia, che la sola domanda che da sempre mi porto dentro è “per chi si scrive ?”. O, più correttamente, “chi è il principale destinatario della propria scrittura ?”.
Io non so molto di best-sellers o di libri reazionari. Tanto meno mi interessa capire chi scriva per professione e chi per diletto.
Ho letto molto nella mia vita e continuerò a farlo, ma lo faccio per diletto personale. Parimenti scrivere, non da scrittore a questo punto e Dio me ne scampi, ha per me una funzione terapeutica. Non riesco a concepire altra pulsione alla scrittura se non quella che soddisfa un bisogno personale, specifico. Se proprio è necessario compiere uno sforzo di catalogazione, altrimenti non si è meritevoli di appartenere a questo mondo, tale bisogno è quello di uno scambio a due direzioni tra chi scrive e chi legge.
A cosa serve, infatti, la scrittura o, ancora meglio, la poesia ?
Essa rimane come mediazione tra la perfezione alla quale aspiriamo e la limitazione del nostro essere uomini. Una dimensione della transizione dall’umano al divino, dal soggetto che scrive all’oggetto dell’ispirazione.
Scrittura dunque come bisogno di trascendenza da sè e, al tempo, soddisfacimento di un bisogno personale, appagamento di un desiderio. La dimensione del divino non è necessariamente super umana, potendola riscontrare in ogni cosa o persona con la quale veniamo in contatto e che per sua natura può assurgere a oggetto di ispirazione. Una scrittura istintiva, quanto può esserlo una pulsione d’amore nella quale ognuno difficilmente può mistificarsi e scegliere di essere altro da sè. Forse questo è etico.
Polluzione verbale, non in quanto autoerotismo, bensì quale bisogno d’amore a lungo cercato e solo alla fine corrisposto, quando si realizzi quell’incontro tra l’autore ed il suo lettore, sempre singolo, sempre unico. Destinatario individuale, anche se parte di una massa, dunque, mai una moltitudine indistinta. In tal senso non posso concepire, nel progetto, una scrittura per molti.
Questo post ha il pregio di toccare nel profondo chiunque provi a dare concretezza di parola scritta ai propri pensieri. E tutti hanno risposto secondo coscienza. Può esistere qualcosa di più etico ?
Quanti leggeranno ciò che scriviamo ?
E’ veramente importante tenerne conto quando nasce l’esigenza di scrivere ? Quell’esigenza che mi guardo bene dal chiamare ispirazione, ma che non riesco a concepire come “passione fredda”. Non sarebbe reale passione.
Il sottobosco della letteratura pullula di esseri che vagano con quattro fogli e che ogni tanto leggono a voce alta (anche in qualche post), senza reticenza, al di fuori di ogni cassetto o stivale. Oggi chi scrive è chiamato ad essere pubblico, ma non per il pubblico. Giacchè è dallo scambio e dal confronto che può nascere vera “diversità”.
Anche se quella pulsione non sarà stata di rottura, purchè onesta, essa sola lasceremo ai nostri figli. La mia eredità sarà solo di parole, senza altro lignaggio dal momento che non so essere altro che quello che scrivo. E tanto mi basta.

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Di: Enrico Gregori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7302 Enrico Gregori Wed, 07 Nov 2007 11:54:45 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7302 A Silvia: botta e risposta da me creato or ora da raccontare, se vuoi, alla tua amica poetessa. Se capisce, bene. Altrimenti, pazienza. Tu comunque hai il cuore d'oro. :-) "Ho fatto un vino buonissimo, ci ho messo tanto amore". "Ecco, la prossima volta mettici anche l'uva". A Silvia: botta e risposta da me creato or ora da raccontare, se vuoi, alla tua amica poetessa. Se capisce, bene. Altrimenti, pazienza. Tu comunque hai il cuore d’oro. :-)

“Ho fatto un vino buonissimo, ci ho messo tanto amore”.
“Ecco, la prossima volta mettici anche l’uva”.

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Di: imprecario http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7299 imprecario Wed, 07 Nov 2007 10:37:01 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7299 Non mi pare che in quest'epoca siano gli scrittori ad essere i precursori di "nuove etiche" non più. Fanno molto di più un'operazione di borsa o un esperimento genetico. Non credo nemmeno che i best sellers siano libri morti, per il semplice fatto che è il medium stesso (il libro) in avanzato stato di decomposizione. A volte penso che più che di letteratura occorrerebbe parlare di criogenesi. Disperati tentativi di affidare ad un futuro lontano, un'epoca meno reazionaria della presente, la possibilità di tornare a respirare. Non mi pare che in quest’epoca siano gli scrittori ad essere i precursori di “nuove etiche” non più. Fanno molto di più un’operazione di borsa o un esperimento genetico. Non credo nemmeno che i best sellers siano libri morti, per il semplice fatto che è il medium stesso (il libro) in avanzato stato di decomposizione. A volte penso che più che di letteratura occorrerebbe parlare di criogenesi. Disperati tentativi di affidare ad un futuro lontano, un’epoca meno reazionaria della presente, la possibilità di tornare a respirare.

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Di: Silvia Leonardi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7298 Silvia Leonardi Wed, 07 Nov 2007 10:28:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7298 Cara Maria Giovanna, non posso che apprezzare sinceramente il rispetto che ha per gli scrittori, veri o aspiranti che siano. Di recente una mia conoscente ha pubblicato le sue poesie. Dico la verità, non mi sono piaciute. Ma mentre le leggeva, vedevo i lucciconi che le facevano brillare gli occhi, e ho compreso quanta fatica e sofferenza le fosse costato buttare giù quei versi. Ho capito che non ci sono libri inutili. Ci sono libri che non piacciono e libri che incontrano il gusto di più lettori. Ognuno racconta la storia che vuole e, come scrive lei, solitamente la ama. Mi sembra sufficiente a giustificare il fatto che sia stata scritta. Cara Maria Giovanna, non posso che apprezzare sinceramente il rispetto che ha per gli scrittori, veri o aspiranti che siano. Di recente una mia conoscente ha pubblicato le sue poesie. Dico la verità, non mi sono piaciute. Ma mentre le leggeva, vedevo i lucciconi che le facevano brillare gli occhi, e ho compreso quanta fatica e sofferenza le fosse costato buttare giù quei versi.
Ho capito che non ci sono libri inutili. Ci sono libri che non piacciono e libri che incontrano il gusto di più lettori. Ognuno racconta la storia che vuole e, come scrive lei, solitamente la ama. Mi sembra sufficiente a giustificare il fatto che sia stata scritta.

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Di: Tea Ranno http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7297 Tea Ranno Wed, 07 Nov 2007 10:19:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7297 Le affermazioni di Camon mi sembrano troppo perentorie. Non ammettono divagazioni tra le molteplici possibilità che offre la vita, e dunque la letteratura. Sono perfettamente d'accordo nel ritenere che il prodotto preconfezionato non perderà mai la sua natura di oggetto, pur corrispondendo ai gusti di plastica della massa; ritengo, tuttavia, che la scrittura abbia dalla sua l'infinita libertà di creare mondi e mondi, quelli nei quali abitiamo e in cui vorremmo - attraverso la pagina scritta - far abitare gli altri. E' vero, la responsabilità di chi scrive è fortissima, perché costui divulga parole sulle quali chi legge esprime giudizi e fonda opinioni. Perciò l'etica. Ma anche la volontà d'infrangere schemi e mode per tendere a un nocciolo di verità. Che è quella dello scrittore - non del confezionatore di libri secondo regole standard - di colui che si serve della forma scritta per compiere un atto di creazione destinato a durare. Le affermazioni di Camon mi sembrano troppo perentorie. Non ammettono divagazioni tra le molteplici possibilità che offre la vita, e dunque la letteratura.
Sono perfettamente d’accordo nel ritenere che il prodotto preconfezionato non perderà mai la sua natura di oggetto, pur corrispondendo ai gusti di plastica della massa; ritengo, tuttavia, che la scrittura abbia dalla sua l’infinita libertà di creare mondi e mondi, quelli nei quali abitiamo e in cui vorremmo – attraverso la pagina scritta – far abitare gli altri.
E’ vero, la responsabilità di chi scrive è fortissima, perché costui divulga parole sulle quali chi legge esprime giudizi e fonda opinioni. Perciò l’etica. Ma anche la volontà d’infrangere schemi e mode per tendere a un nocciolo di verità. Che è quella dello scrittore – non del confezionatore di libri secondo regole standard – di colui che si serve della forma scritta per compiere un atto di creazione destinato a durare.

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Di: MariaGiovanna Luini http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/comment-page-2/#comment-7294 MariaGiovanna Luini Wed, 07 Nov 2007 09:09:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/05/perche-scrivere-di-ferdinando-camon/#comment-7294 Sono per la libertà. Per questo mi capita spesso di leggere, riflettere e non commentare. Perché siamo liberi di parlare (nel rispetto della decenza, dell'educazione e dell'etica), quindi non deve esserci necessariamente un commento conseguente. Il fatto è che qui sto bene, e a volte lascio andare il commento d'istinto, consapevole che non sto dicendo granché di nuovo o originale (quindi non sono scrittore mi sembra di capire). Sono lenta a giudicare, lentissima. Magari mi viene il gesto: libri che leggo e vorrei gettare via, ma che poi stringo in mano perché so che si fa fatica. Che di solito si ama ciò che si scrive. Ferocemente. Quindi. Giudizio tenuto nel cuore, e rispetto. Poi l'amore va ad altro. So cosa si prova quando qualcuno ti sputa pubblicamente su uno scritto, senza averti chiesto cosa c'è dietro e perché e percome e se è vero che. Lo so e me lo tengo. Per fortuna ho lo spazio grande e profondo della medicina, dell arelazione con persone che soffrono per problemi drammatici: lì capisco e ridimensiono tutto. Ciò che è importante è avere dentro alcune certezze, soprattutto quella di non avere fatto nulla di scorretto. Il pezzo di Camon è forte, coinvolge e fa pensare. Non credo esista un VERBO assoluto, esistono persone che forse hanno più titolo a dare pareri. Quindi. Un inchino ai fuoriclasse e agli scrittori "veri", una pacca sulla spalla e un sorriso a chi cerca di fare del proprio meglio. Sono per la libertà. Per questo mi capita spesso di leggere, riflettere e non commentare. Perché siamo liberi di parlare (nel rispetto della decenza, dell’educazione e dell’etica), quindi non deve esserci necessariamente un commento conseguente.
Il fatto è che qui sto bene, e a volte lascio andare il commento d’istinto, consapevole che non sto dicendo granché di nuovo o originale (quindi non sono scrittore mi sembra di capire).
Sono lenta a giudicare, lentissima. Magari mi viene il gesto: libri che leggo e vorrei gettare via, ma che poi stringo in mano perché so che si fa fatica. Che di solito si ama ciò che si scrive. Ferocemente. Quindi. Giudizio tenuto nel cuore, e rispetto. Poi l’amore va ad altro.
So cosa si prova quando qualcuno ti sputa pubblicamente su uno scritto, senza averti chiesto cosa c’è dietro e perché e percome e se è vero che. Lo so e me lo tengo. Per fortuna ho lo spazio grande e profondo della medicina, dell arelazione con persone che soffrono per problemi drammatici: lì capisco e ridimensiono tutto.
Ciò che è importante è avere dentro alcune certezze, soprattutto quella di non avere fatto nulla di scorretto.
Il pezzo di Camon è forte, coinvolge e fa pensare. Non credo esista un VERBO assoluto, esistono persone che forse hanno più titolo a dare pareri. Quindi. Un inchino ai fuoriclasse e agli scrittori “veri”, una pacca sulla spalla e un sorriso a chi cerca di fare del proprio meglio.

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