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lunedì, 6 agosto 2007

MA SI PUO’ RIFIUTARE LA AUSTEN ?

Vi propongo un interessantissimo articolo pubblicato da Stefano Salis (nella foto) sul Domenicale del Sole 24Ore del 29 luglio, intitolato appunto: “Ma si può rifiutare la Austen?”. Oltre a essere interessante questo pezzo, a mio avviso, ha le potenzialità per innescare un acceso dibattito. Vi invito a leggerlo con attenzione e a dire la vostra. Ne approfitto per ringraziare Stefano che mi ha cortesemente inviato l’articolo per mail autorizzandomi a riprodurlo su Letteratitudine. (Massimo Maugeri)

salis1.jpgMa si può rifiutare la Austen?

Uno manda a 18, tra case editrici e agenti letterari inglesi, dei manoscritti. Poniamo che questi manoscritti citino, anzi, le prime pagine, parola per parola (con solo i nomi propri cambiati), di tre romanzi di una grande scrittrice: Jane Austen. I testi sono inviati in tre momenti diversi: prima “L’abbazia di Northanger”, poi “Persuasione”. Nessuna risposta. Silenzio. Allora, tutto per tutto: “Orgoglio e pregiudizio”. Risultato: gli editori (tranne uno, che riconosce il gioco) restituiscono gli scritti al mittente. Grazie, non ci interessano.
Segue pubblico dibattito. Ecco, denuncia ai giornali inglesi l’autore dello “scherzo”, tale David Lassmann – direttore del Jane Austen Festival di Bath –: oggi nemmeno la Austen troverebbe un editore. E sfido io, prosegue: tutti impegnati come sono a cercare il facile successo commerciale, il blockbuster da aeroporto, non sono in grado di riconoscerla la vera letteratura, nemmeno se leggono Jane Austen in persona!

Jane AustenMa l’esperimento, forse, dice proprio il contrario di ciò che vorrebbe dimostrare l’autore del gioco. Primo: molti editori non avranno nemmeno letto i manoscritti. Capita, amen. Ma quelli che li hanno letti – e qui sta il punto –, può darsi che abbiano fatto bene a respingerli. Perché se è vero che la Austen è in salute da due secoli, un conto è leggerla sapendo che si tratta di un classico già canonico, altro è scommettere che un romanzo, con “quello” stile e “quei” temi sia adatto ai nostri tempi. Fateci caso: ai classici, da lettori, concediamo sempre le attenuanti generiche. A volte ci annoiano, ma non osiamo ammetterlo. Facciamo bene? Di certo quando leggiamo un classico non siamo neutrali, gli vogliamo bene in partenza, fa già parte di noi, anche se non lo abbiamo mai ancora sfogliato.
Ma i classici non duravano per sempre? si ribatterà. Certo, tranquilli. Però, a parte che anche loro invecchiano, va detto che classici non si nasce, lo si diventa. I redattori sono tutti ignoranti? Può essere. Ma chi legge, anonimo, un grande del passato non è tenuto a riconoscerlo. E quanto alla qualità, un editor deve giudicare quel libro per il “qui” e “ora”. L’editoria, al contrario di quanto pensano i soliti beninformati che venerano testi e autori come fossero santini, è fatta da viventi per viventi. Un editore decide di pubblicare per il gusto del pubblico suo contemporaneo. E non stampa per soli laureati in lettere, ma per tutti: quelli che affollano la metropolitana, prendono l’aereo, guardano la tv. Un editore che rifiuta un testo, sia pure di pregio, per carità, ma scritto come si scriveva nell’Ottocento, fa bene il suo lavoro. O, per lo meno, valuta che avrà delle difficoltà a vendere il libro. I tempi e i gusti cambiano, in tutti gli ambiti della vita. Una squadra di calcio gloriosa negli anni 50 faticherebbe a reggere i ritmi del gioco di oggi, uno stilista non disegnerebbe una collezione anni 30 in pieno Duemila, e così via. Si consoli, dunque, il signor Lassmann e con lui gli indignati a tempo pieno. Jane Austen è già diventata Jane Austen, non ha bisogno di dimostrarlo. Piuttosto: non sarà il caso di smetterla di piangersi addosso e chiedersi, da lettori, chi è oggi la nuova Austen? Perché non ringraziare l’editore che ci ha fatto conoscere Zadie Smith o Margaret Atwood o chi altro volete voi? Anziché imprecare contro editori distratti, non potremmo leggere con più piacere i libri che abbiamo tra le mani e smetterla di fare inutili polemiche e scherzi da terza media? In libreria ci sono “ora” i classici del futuro. E qualcuno, magari, è pure meglio di Jane Austen.

Stefano Salis


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Scritto lunedì, 6 agosto 2007 alle 12:34 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

34 commenti a “MA SI PUO’ RIFIUTARE LA AUSTEN ?”

Jane Austen non mi piace affatto. Ho letto solo “Ragione e sentimento” e l’ho trovato noiosissimo. Non mi sono fatto del male: dovevo portarlo all’esame di letteratura inglese. Jane Austen è noiosa e i suoi romanzi parlano solo della società inglese: trattano problemi che oggi sarebbero di moda come la caduta dell’Impero Romano al TG! Voglio dire che sono argomenti molto poco attuali, che non interessano alla massa, cioè quella parte di lettori che legge, che acquista e che consuma. Oggi tutto ruota sul discorso del consumo. Oggi se scrivi thriller o romanzi di sesso riesci a vendere; se scrivi romanzi di qualità non ne hai proprio la certezza.
Condivido l’ultima parte dell’articolo: scrivere come si scriveva nell’Ottocento, oggi, non sarebbe giusto e non porterebbe alla vendita del libro. Allo stesso modo, nell’Ottocento non si poteva scrivere come nel Ducento!
In Italia, il mondo dell’editoria è come una giungla. Alcuni editori cercano il prodotto “intellettuale”, ben scritto e che tratta i soliti probelmi della società italiana (la coppia, il sesso, il rapporto genitori-figli, gli omosessuali etc…); altri preferiscono la letteratura dozzinale, che comprende due categorie di romanzi: o il romanzo poliziesco/thriller, o il romanzo rosa/di sesso.
Il genere fantasy è inesistente, in Italia, così come il genere della Fantascienza. Molti editori sono fermi nelle loro categorie. Hanno l’obiettivo comune di vendere, non di pubblicare libri di qualità.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 13:02 da James Utopia


Avevo letto dell’esperimento su Blogosfere.
In effetti il tentativo si poteva risparmiare. Per quel che mi riguarda l’avrei trovato più interessante o ‘utile’ se si fosse usato (con le dovute aggiustatine) un testo abbastanza recente. Come un romanzo che è stato un best seller degli ultimi dieci/quindici anni. Sarà riconosciuto? Se no, verrà preso in considerazione? Arriveranno proposte editoriali o secchi rifiuti. In pratica: io uccido proposto da Ugo Bianchi saprà attirare l’attenzione di un editore come ha fatto il successo di Faletti?
Ad ogni modo sono comunque test che non credo scopriranno più dell’acqua calda che già conosciamo.
Leggere di più quello che abbiamo tra gli scaffali/ i regali di qualche natale fa o entrare in una biblioteca mi sembra un messaggio più sano e costruttivo per i vacanzieri d’agosto ma anche per chi resta a casa.

Buona settimana,
Barbara

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 13:05 da Barbara Gozzi


Certo che la Austen non verrebbe pubblicata! Non verrebbe pubblicato nemmeno Dante, giusto?
Invece (perdonate la banalità) senza ombra di dubbio assurgerebbe agli onori dell’editoria che conta la nuova Melissa P., vero? (badate che non ho nulla contro l’originale Melissa).
Ditemi, dov’è la nuova Melissa P.? Dove si trova? La voglio pubblicare a tutti i costi. Voglio pubblicare la sua merda. Stamperò centinaia di migliaia di copie. E voi le comprerete, parco buoi dell’editoria. Dalla prima all’ultima. E se le leggerete o no non me ne importa un fico secco. L’importante è che battiate cassa. E che il business giusto passi per il mio portafoglio.
Ditemi dov’è la nuova Melissa P. e smettete di piangervi addosso, stomachevoli nostalgici.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 13:24 da Gaspare


Ho studiato l’opera di Jane Austen all’Università, per dovere, non per scelta. La prosa e la tematica non mi avevano coinvolto, per cui superato l’esame, accantonai l’argomento.

In età più matura ho riletto alcuni dei più noti romanzi di Austen, sulla spinta dei film di successo che ne erano stati tratti, e ne ho apprezzato l’arguzia, la puntualità nel ritrattare un mondo a noi lontano, ma che era il suo mondo e rispecchiava la mentalità di una certa classe della piccola borghesia in cui il ruolo della donna aveva confiniti angusti, difficili da superare.
A sua stessa insaputa Jane Austen può considerarsi un’antesignana del femminismo volto ad aprire gli orizzonti della donna ben oltre i balli alla ricerca di un marito possibilmente ricco, gli esercizi di canto, di pianola e di ricamo, nell’affermazione di sè e dei propri talenti.
Scrittrice furtiva ma tenace negli intendimenti, Austen divenne famosa, soprattutto post mortem, come sovente accade; nel presente possiamo rileggerla come interprete illuminata di un’epoca ormai passata di cui possiamo accettare alcune positività e valutarne le molte discrepanze sociali alla luce delle conquiste acquisite.

Troppo profondo è il gap generazionale per fare di Jane Austen un best seller appetibile all’editoria di mercato.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 14:05 da Marisa Magnani


Vero: “E quanto alla qualità, un editor deve giudicare quel libro per il ‘qui’ e ‘ora’. L’editoria, al contrario di quanto pensano i soliti beninformati (…), è fatta da viventi per viventi. Un editore decide di pubblicare per il gusto del pubblico suo contemporaneo. E non stampa per soli laureati in lettere, ma per tutti: quelli che affollano la metropolitana, prendono l’aereo, guardano la tv”.
Vero.
Infatti Il Gattopardo dopo molti rifiuti ha trovato a stento un editore :-) . Non è un problema di Austen, è un problema anche di romanzi molto “contemporani al loro tempo” – per così dire – che poi hanno avuto un grande successo da metropolitana e che forse avevano anche non poche caratteristiche letterarie. Per non parlare di manoscritti che sono stati accettati da un editore dopo che li aveva già rifiutati un paio di anni prima, o di premi Nobel che faticano oggi a trovare un editore… il gossip letterrario è piena di horro stories, a partire da quella che riguarda Elena Bono (la conoscete? davvero non sapete neppure chi è?).
Quindi i lettori fanno molto bene a piangere, e a piangere forte.
Quanto agli scrittori – fauna cui credo in qualche modo di appartenere – invece sono d’accordo con Stefano Salis: quando un loro manoscritto viene rifiutato, la cosa migliore che metodologicamente possono fare è pensare che forse l’editore ha ragione e mettersi a scrivere un libro migliore. Può essere che così ne venga fuori il grande romanzo.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 14:12 da Renato Di Lorenzo


Non sono d’accordo che chi legge per professione un grande del passato non sia tenuto a riconoscerlo.
Non se parliamo di J. Austen in Inghilterra.
Se penso alle opere di J. Austen, le ricordo e mi viene voglia di rileggerle (del resto l’ho fatto già tante volte).
Le opere di tanti autori di “successo” attuali che ho letto, tipo G. Faletti o Mellissa P. per citare solo i già nominati , sono per fortuna già rimosse per non sprecare inutile spazio nella memoria, non mi hanno lasciato niente e sicuramente non li rileggerò, pur avendoli comprati.
un saluto

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 14:35 da olgavadodilà


…scusate, “utile spazio”

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 14:42 da olgavadodilà


Credo sia vero che a volte un manoscritto rifiutato dovrebbe essere riletto, rivisitato e magari scritto da capo come scrive Di Lorenzo, ma è anche vero che molti scrittori sono diventati tali in tarda età proponendo gli scritti che avevano prodotto 30anni prima (ricordo una prolusione di Maurensig di qualche anno fa: a lui è successo proprio questo, e non è certo l’unico, e non solo in Italia). Ritengo che spesso i manoscritti “anonimi” non vengano nemmeno presi in considerazione da un editore, senza l’ausilio di un qualche “incitamento” da parte di qualcosa o di qualcuno. E’ brutto a dirsi, ma sono quasi certo che che la maggior parte degli scritti, di pregio, non sarà mai pubblicata e pertanto mai letta da nessuno. Gli scrittori dovrebbero, effettivamente, chiamarsi tutti Melissa o Danielle o chissà in quanti altri modi, a discapito chiaramente della vera letteratura, ma a sostegno di un mercato che cura e protegge, in toto, un consumo spiccio di cose spesso banali ma assai redditizie per chi le pubblica.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 15:07 da alessandro pedrina


Si ritorna al tormentone della letteratura come aspetto artistico o merceologico. E’ sempre stato difficile che un’opera di alto valore trovasse poi ampi consensi, intesi come numeri di vendite.
Oggi, poi, in un sistema socio-economico che privilegia il guadagno per il guadagno c’è ancora meno spazio per libri di alta qualità.
Aggiungo, anche, che, se ai tempi della Austen il livello di scolarizzazione era estremamente basso, le cose non sono cambiate sostanzialmente anche ai nostri giorni.
E’ deprimente, parlando con laureati, scoprire che non leggono libri, o che comunque se li leggono è raro che vadano oltre Melissa P. e Faletti,
proprio perchè la lettura è vista fin dall’infanzia al massimo come un mezzo per ingannare il tempo.
Gli editori, al contempo soggetti attivi e passivi del mercato, tendono così a investire su ciò che può essere venduto, indipendentemente dal valore dell’opera, anzi ben sapendo che alta qualità vuol dire poca richiesta.
In questo modo un autentico talento finisce con l’essere emarginato, come era accaduto anche con Il Gattopardo, a cui Elio Vittorini, pur riconoscendone i pregi, non attribuì il minimo valore commerciale, un errore clamoroso come si vide poi.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 15:41 da Renzo Montagnoli


Questa discussione, sicuramente interessante, mi ha fatto nascere altri dubbi e altre domande a cui è difficile dare una risposta. Ne parlo qui:
http://balenebianche.splinder.com/post/13357983/Cosa+sar%C3%A0+Letteratura+domani%3F

grazie a Massimo che tiene in allenamento le mie cellule grigie…

sabrina

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 15:57 da Sabrina


Anni fa, diversi anni fa, oserei ricordare 10 anni fa, il sempre bravo Stefano Benni venne nella sonnolenta ed industriosa città di Modena con una serata evento. Nel prestigioso Teatro Storchi, con ingresso riservato a pochi eletti (definiscisi “eletti” coloro in grado di sopportare una serata in compagnia con Stefano Benni, che per l’organizzazione dovevano essere molto meno di quelli che si sono presentati in realtà all’ingresso del Teatro), Benni propose la lettura di un antico testo, oggetto di un ritrovamento effettuato da alcuni archeologi in terra nordica, dal nome “Protologon”.
Non so se qualcuno di voi abbia in memoria tale evento, perchè soltanto dopo circa mezzora di “spettacolo” alcuni, e sottolineo alcuni, si resero conto che il quella lettura c’erano alcuni passaggi che potevano ricordare Rabelais, Bulgakov ed altri autori “conosciuti”.
Ebbene si, questi dubbiosi spettatori avevano ragione: Benni tese una beffarda e divertente trappola a molti intellettuali accorsi per sentire, dalla viva voce di un insolito “lettore”, un fantomatico testo epico nato dalla fantasia del lettore stesso.
Cosa dire: possibile che un intero Teatro fosse rappresentato da gente ignorante ? O forse è più facile riconoscere, dal momento che le nostre fragili teste devono immagazzinare quantità esorbitanti di informazioni, che molti “dati” ci sfuggono ? Ultima considerazione: per quanto mi riguarda non mi interessa ricordare a memoria i passaggi di un romanzo, ma il messaggio che mi comunica, che, ne sono certo, mi rimarrà dentro per tutta la vita.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 17:51 da Andrea


Ho studiato l’opera di Jane Austen all’Università, per dovere, non per scelta. La prosa e la tematica non mi avevano coinvolto, per cui superato l’esame, accantonai l’argomento.

In età più matura ho riletto alcuni dei più noti romanzi di Austen, sulla spinta dei film di successo che ne erano stati tratti, e ne ho apprezzato l’arguzia, la puntualità nel ritrattare un mondo a noi lontano, ma che era il suo mondo e rispecchiava la mentalità di una certa classe della piccola borghesia in cui il ruolo della donna aveva confiniti angusti, difficili da superare.
A sua stessa insaputa Jane Austen può considerarsi un’antesignana del femminismo volto ad aprire gli orizzonti della donna ben oltre i balli alla ricerca di un marito possibilmente ricco, gli esercizi di canto, di pianola e di ricamo, nell’affermazione di sè e dei propri talenti.
Scrittrice furtiva ma tenace negli intendimenti, Austen divenne famosa, soprattutto post mortem, come sovente accade; nel presente possiamo rileggerla come interprete illuminata di un’epoca ormai passata di cui possiamo accettare alcune positività e valutarne le molte discrepanze sociali alla luce delle conquiste acquisite.

Troppo profondo è il gap generazionale per fare di Jane Austen un best seller appetibile all’editoria di mercato.

Postato lunedì, 6 agosto 2007 alle 18:11 da Marisa Magnani


Ho seguito la polemica con interesse. Per quanto mi riguarda, anche se i romanzi della Austen mi piacciono, sono d’accordo riguardo alla loro impubblicabilità odierna semplicemente perchè sono libri “classici”, scritti in un inglese antiquato, che spesso un inglese di livello medio-basso può avere difficoltà a capire, esattamente come da noi c’è chi non comprende più molti termini usati da Manzoni (per non parlare di Tasso, Ariosto, Dante…). Tuttavia trovo abbastanza sconfortante il livello culturale dei “lettori” professionali delle case editrici inglesi che non hanno riconosciuto i romanzi, loro secondo me hanno fatto una gran figuraccia.
Concordo con chi sostiene che una provocazione del genere sarebbe stata più efficace se fatta con qualche romanzo di autore contemporaneo.

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 10:57 da Annamaria Trevale


Vi ringrazio molto per i commenti: belli e competenti. Ovviamente il dibattito continua. Sono curioso di leggere ulteriori pareri.

@ Sabrina: ehi, sono contento di contribuire a tenere in allenamento le tue cellule grigie. Sono molto preziose!

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 11:10 da Massimo Maugeri


Jane Austen non può assolutamente essere pubblicata per svariate ragioni.
La prima è che ovviamente sa scrivere.
La seconda è che non scrive di sesso.
La terza perchè è davvero trasgressiva, ricordiamoci che le donne dei suoi romanzi rompono le regole dell’epoca.
Potrei continuare all’infinito, potrei dire perchè scrive una frase che contiene più di 3 parole e persino delle virgole. Perchè non dice parolacce. Perchè usa tanti vocaboli. Perchè non è andata a letto con l’editore. Perchè non frequenta i salotti giusti. Perchè non supporta questo o quel partito.

E, onestamente, non mi meraviglia neppure che gli editori non abbiano riconosciuto i suoi scritti.
Ma io, in fondo, sono un pò cinica.

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 11:25 da Fairy


per Andrea:
nemmeno a me interessa ricordare a memoria tutti i passaggi di un romanzo, sarebbe assurdo! Ma se ti piace qualcosa comunque rimane, come tu dici, per sempre.
Certi romanzi molto semplicemente non lasciano nulla, nessun messaggio e vengono automaticamente  eliminati…come spam.
Interessante ciò che racconti sulla serata con Stefano Benni…

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 11:29 da olgavadodilà


Non bisogna dimenticare che molti dei classici ebbero difficoltà a trovare un editore già all’epoca in cui furono scritti. Basti ricordare, in Italia, il caso Italo Svevo.
Per quanto riguarda gli editor inglesi in effetti fa un po’ impressione che non tutti abbiano riconosciuto la Austen. Chissà se i nostri editor riconoscerebbero un testo, magari minore, di un nostro grande scrittore. Mi viene in mente Moravia.

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 12:44 da Rosa Fazzi


Ho fatto il nome di Moravia perché è un autore dalla produzione molto ricca e, proprio per questo, potrebbe essere più facile “confezionare” uno scherzetto a qualche editor italiano. Lo facciamo?

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 12:46 da Rosa Fazzi


Ma davvero gli editori inglesi restituiscono i manoscritti al mittente? Se così fosse sarebbero dei signori rispetto agli editori italiani.

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 13:29 da Manuela


a me l’esperimento di questo signor david lassmann mi sembra una gran perdita di tempo. se fossi un editor e mi accorgessi dello scherzetto penso che mi arrabbierei a morte. a parte che per leggere le copie della austen si ruba tempo che potrebbe dedicarsi alla lettura di manoscritti inediti.
sono perfettamente d’accordo con salis.
e comunque sono convinto che quella del signor lassman sia una squallida manovra pubblicitaria. ora sappiamo che esiste david lassmann e che è direttore del jane austen festival di bath.
organizziamo un viaggio per andare alla prossima edizione del festival?
ma va là!

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 17:17 da gennaro iozzia


anche per me è una perdita di tempo l’esperimento del signore. E non mi piace neanche la prospettiva semplicistica, del classico vs non classico. Dal momento che classici so tutti quelli che ci hanno un ber mucchio di ristampe.
Invece le storie delle fortune editoriali, delle canonizzazioni hanno percorsi diversi. Dio buono Jane Austin mica stamo a parlà de Proust. E’ amata perchè rispecchia un mondo, non ha molto a che vedere con chi ogni tanto sembra sempre capace di rispecchiare il mondo. Tipo Dante – e diciamolo manco in tutte le pagine.

a me comunque non piace. E’ stata sovversiva? Un pochetto via, perchè sottovalutare le scrittrici così… c’è stato di meglio e di più. E’ stata la meritevole punta di iceberg di un genere.

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 18:37 da zauberei


Non volendo scadere in un esempio oramai diventato scolastico molti editori italiani hanno rifiutato per anni Morselli, pubblicando molta roba qualitativamente inferiore. Quindi piu` che una provocazione l`articolo esemplifica una triste verita`.
Certo il tempo e` galantuomo, l`importante credo per chiunque ambisce a scrivere e` scrivere bene per se` cercando di fare un buon servizio anche agli altri. Il divertimento e l`esercizio, con o senza rifiuti degli editori.

Postato martedì, 7 agosto 2007 alle 21:59 da outworks110


mi avete fatto venire voglia di leggere orgoglio e pregiudizio in lingua originale

Postato mercoledì, 8 agosto 2007 alle 13:28 da luisa


Forse vado off topic, scusate. Però stavo pensando: chi potrebbe essere la Jane Austen italiana? Mi è venuto in mente il nome di Elsa Morante, ma non c’entra granché né per l’epoca di riferimento, né per i contenuti.
Secondo voi?

Postato mercoledì, 8 agosto 2007 alle 14:17 da Erika Di Giorgio


io invece parto da un’altra considerazione. noto che sono tornati di moda i romanzi storici. in alcuni casi, addirittura, certi romanzi vengono presentati con stile e scrittura del periodo storico di riferimento (vedi un recente camilleri). questa considerazione va in controtendenza con quanto sopra scritto. o no? in fondo anche “orgoglio e pregiudizio” lo si potrebbe leggere, oggi, come un romanzo storico. solo che vale molto più della maggior parte dei romanzi storici che ci vengono propinati oggi.
non so se siete d’accordo.
per correttezza aggiungo che detesto i romanzi storici.

Postato mercoledì, 8 agosto 2007 alle 14:38 da mark


Narrativa a parte, quasi sicuramente nemmeno Pascoli sarebbe pubblicato con le sue liriche (linguaggio vetusto a parte).
Buon San Lorenzo

X AGOSTO
di Giovanni Pascoli

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!

Postato venerdì, 10 agosto 2007 alle 11:11 da alessandro pedrina


grande alessandro! X agosto, la mia lirica preferita di pascoli…. comunque di austen ho provato a legger orgoglio e pregiudizio e fin dal primo capitolo mi sembrava di leggere un settimanale di gossip, noiosissimo….. dopo 40 pagine ho chiuso il libro e ne ho iniziato un altro…. delusione, pensavo meglio

Postato mercoledì, 15 agosto 2007 alle 16:00 da roberto


Per Erika Di Girgio:
penso che la scrittrice italiana più “simile” alla Austen sia Alba De Céspedes. Ho cercato la risposta in Frantumaglia di Elena Ferrante.

Postato mercoledì, 15 agosto 2007 alle 19:17 da Miriam Ravasio


Sono indignata – checché ne dica chi non sopporta l’indignazione di chi qualcosa l’ha letta e studiata verso chi per mestiere dovrebbe leggere e studiare più di tutti. Ma tant’è. Siamo in un mondo che ai classici preferisce CUL-TURA MODERNA.
Capisco che si possa non riconoscere un romanziere di quart’ordine ma Jane Austen è come Mozart. Chi non ri-conoscerebbe l’attacco della K40?
L’ignoranza ha poche giustificazioni e se le ha è perché la conoscenza al giorno d’oggi è un bene poco apprezzato.
Jane Austen. Mi sento punta sul vivo perché è una delle mie scrittrici preferite e guardo ad oltranza i film tratti dai suoi libri.
i sentimenti che narra sono universali e per questo, giustamente, è un classico, al di là del linguaggio sicuramente e giustamente ottocentesco. Chi scriverebbe oggi come Dante o Shakespeare?
Sono sicura però che fra duecento anni “Emma” e “Orgoglio e pregiudizio” verranno ristampati, mentre i Faletti, le Melisse e tutta quella melma tipo Dan Brown – finti scandali, sesso pruriginoso, thriller epidermici etc etc – finiranno al macero.
Sono dispiaciuta. Perché? Vedere che anche i frequentatori di un blog letterario sono cinici. Agli autori e ai libri bisogna voler bene. Io mi rivolgo al libro come a una persona, tanto per citare un canzone e non un libro, scelgo gli autori come mi sceglierei degli amici, e io non parlo mal e o con sufficienza dei miei amici. Sentimentale? Sorpassata? Ottocentesca? Jane Austen avrebbe tanto da insegnare a tante femministe da sbarco che non sopravviverebbero una settimana nel Settecento. Lei seppe essere figlia, sorella, amica e scrittrice, con umiltà e senza la presunzione e la prosopopea di certi pennivendoli. Non si arricchì coi suoi romanzi, alcuni dei quali postumi. Era lieta di poter risparmiare sull’affrancatura delle lettere o su un passaggio in carrozza – ho letto il suo epistolario, consigliatomi dal caro Francesco Costa, scrittore e sceneggiatore vivo, vivente e moderno che adora la cara Jane.

Postato mercoledì, 29 agosto 2007 alle 00:13 da Maria Lucia Riccioli


non potrei essere più d’accordo di maria lucia riccioli ha scritto parola per parola ciò che avrei scritto io grazie

Postato mercoledì, 22 aprile 2009 alle 14:10 da paolina


p.s. sono alla ricerca disperata di acquistare il film persuasione del 1995 0 del 2007 tradotto in italiano sapete nulla? sembra impossibile averlo

Postato mercoledì, 22 aprile 2009 alle 14:25 da paolina


Paolina cara,
siamo in due!
Mi consolo con “Pride and Prejudice”, lo sceneggiato BBC del 1995 con un Colin Firth DA PAURA nel ruolo di Darcy, atmosfera deliziosa…
Cerco anche “Mansfield Park”…
Sai che Sam Mendes ha prodotto un serial, “Lost in Austen”, su una ragazza moderna catapultata nei romanzi della cara Jane?
W JANE AUSTEN
by Jane addicted
cioè Maria Lucia Riccioli austeniana praticante

Postato mercoledì, 22 aprile 2009 alle 16:10 da Maria Lucia Riccioli


Dobbiamo distinguere tra romanzo storico e non…
Jane non scriveva romanzi storici, ma scriveva di quello che conosceva e viveva ogni giorno. Ci dice più Jane della sua epoca che non un intero trattato di sociologia.
Oggi forse piace vedere film in costume o leggere romanzi ambientati PER NOI nel passato. Jane era amata proprio perché attualissima. Il principe reggente pretese la dedica di Emma e teneva una copia di ognuno dei suoi romanzi in tutte le sue residenze!
Anche Lia Levi ama Jane Austen…

Postato mercoledì, 22 aprile 2009 alle 16:13 da Maria Lucia Riccioli


Checché se ne dica, Jane Austen batte cassa sempre: vedi il successo di “Becoming Jane” o del film “Il club Jane Austen”…
C’è anche un horror ambientato a Meryton…!

Postato mercoledì, 22 aprile 2009 alle 16:16 da Maria Lucia Riccioli



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