giovedì, 15 marzo 2007
MILAN KUNDERA SI È ALLACCIATO UNA SCARPA
Strano il titolo di questo post, vero?
Lasciate che precisi. Non è un titolo. È un’informazione.
"Il soggetto (Kundera) si è allacciato una scarpa. Sinistra".
Queste erano le informazioni che nel 1974 (Kundera sarebbe fuggito a Parigi nel 1975) gli agenti segreti dell’Stb, i servizi speciali cecoslovacchi, pateticamente travestiti da compagni bulgari in gita a Praga, trasmettevano alla centrale.
Vi viene da ridere? Sentite queste altre.
"Siccome il soggetto ha una macchina piccola, sorpassa il camion della spazzatura. Invece la grande Volga grigia degli organi, si incastra".
"Ore 13.04: il soggetto entra nell’enoteca Viola. Ma il vino è finito. Il soggetto esce sorridente, a braccetto con la moglie".
"Ha ordinato un etto di insalata russa".
"Non ha trovato posto nell’Osteria del Convento".
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Milan Kundera
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Giampaolo Visetti su Repubblica del 15 marzo 2007 ha pubblicato un articolo che la dice lunga sulla tragica situazione che un intellettuale come Milan Kundera ha dovuto subire a metà anni Settanta in una città come Praga. Vi propongo stralci dell’articolo di Visetti, ma vi consiglio di leggerlo integralmente cliccando qui.
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« L’anno dei pedinamenti venuti ora alla luce, è speciale. Kundera ha appena terminato La vita è altrove. E’ disoccupato, è stato espulso dal partito, ritirate le sue opere. Gli amori ridicoli e Lo scherzo, in cui racconta del comunista a cui il partito distrugge la vita per niente, sono ridotti a samizdat clandestini.
"La polizia – spiega lo storico Dan Hruby – era ignorante, ma non stupida. Negli interrogatori, citare dettagli insignificanti serviva a destare il terrore".
Kundera, convocato in commissariato il 12 agosto del 1974, si sente porre una sola domanda dall’agente Platenik: "Perché alle 9.27 del primo giugno ha scartato una caramella alla ciliegia sotto il terzo castagno del secondo cortile interno del Clementinum?". Il messaggio è di drammatica violenza. "Da quel momento la tua vita – dice Jan Keller, sociologo dell’università di Brno – era finita. Nemmeno un gesto, un desiderio intimo, ti sarebbero più appartenuti. Tutto era oscenamente pubblico: l’occhio vicino e penetrante della morte ti avrebbe tenuto in ostaggio".
(…)
Immagini e relazioni celano molto più di attimi ordinari rubati al dissenso. Fissano espressioni stanche e sorrisi umiliati, lo sguardo in allarme di chi si sente braccato.
"Sapevano di essere pedinati e spiati anche in bagno – dice lo storico Peter Vlac – . La condanna della dittatura, dopo gli omicidi degli anni Cinquanta, consisteva nella semplice comunicazione di tale controllo. Traditi da vicini e famigliari, si veniva isolati".
E’ il destino di Kundera, frantumato nei personaggi ridicoli e tragici dei suoi romanzi. Il partito, davanti all’ex poeta comunista che da ragazzo glorificava i tempi nuovi degli operai e delle fabbriche, sbanda. La censura inorridisce, scorrendo le pagine nuove che parlano di amore, di sesso, di uomini e di donne, di sentimenti e dell’esistenza insensata perché irripetibile. Nel 1974 basta la frase sgangherata dell’agente Bocek ("Il soggetto andrebbe uscito con Jirka", nome in codice del professore ceco-americano George Gibian), per farlo definire "persona non gradita". Nel 1978 è sufficiente la stesura in francese di Il libro del riso e dell’oblìo per togliergli la cittadinanza cecoslovacca.
Trent’anni dopo, a Praga, ci si chiede però se la maledizione sia davvero finita. E Kundera diventa un caso. Anche dopo la caduta del Muro, non ha più fatto ritorno in patria. Gli ultimi romanzi, per sua volontà, non sono tradotti in ceco. Versioni-pirata circolano su Internet, di nuovo clandestine.»
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Quello di Kundera, naturalmente, è solo un esempio. Sono tanti gli intellettuali – chi per un motivo, chi per un altro – che nel corso del Novecento hanno dovuto abbandonare il proprio Paese.
Parliamone, se vi va.
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