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domenica, 7 gennaio 2007

EVENTI “LIBRESCHI” E CRISI DEL LIBRO

Vi segnalo un interessante articolo pubblicato qualche settimana fa da Alberto Papuzzi (su Tuttolibri de La Stampa del 18/11/06). L’argomento è il seguente: pare che all’incremento degli eventi letterari non corrisponda un incremento della vendita di libri.

Festival della letteratura di Mantova

Vi riporto stralci dell’articolo che potete leggere per intero cliccando qui.

"(…) Oggi il libro deve travestirsi se vuole sopravvivere, e deve diventare qualcos’altro, esibizione, spettacolo, recita, evento. Per cui ecco Festival di Mantova, kermesse di Cuneo, discussioni filosofiche tra Modena e Carpi, rassegne romane di letteratura e storia, l’incontro con Premi Nobel grazie al Grinzane Cavour, naturalmente la Fiera del libro di Torino, e ovunque un pullulare di iniziative promozionali – di assessorato in assessorato, di associazione in associazione – per far conoscere, far leggere e possibilmente amare i buoni libri. E’ la festa continua dei lettori. Mentre scrittori e poeti ricevono il trattamento delle star. Tuttavia l’ultima statistica dice che il numero dei lettori italiani continua a rimanere esiguo, inadeguato alla realtà e alle esigenze di un Paese che è tra le grandi potenze industriali del mondo, e soprattutto che gli italiani che non leggono libri sono il quarantotto per cento della popolazione: il che ci mantiene al fondo delle classifiche europee sulla lettura, come studenti ripetenti negli ultimi banchi della classe. Ma allora a che servono feste e festival? A chi si rivolgono e chi coinvolgono?
«E’ inutile far finta di niente: ogni politico punta a fare il suo festival. Ma spesso sono impreparati, non hanno obiettivi chiari, cercano visibilità. Se spendi per il festival vai sui giornali, se investi in strutture non ottieni pubblicità» dichiara polemico Rocco Pinto, libraio torinese della Torre d’Abele, dove si tengono affollati dibattiti (ultimo quello sul De senectute di Bobbio) (…). «C’è molto più bisogno di politiche strutturali che non di festival e fiere, non dico in Piemonte oppure in Lombardia ma in buona parte del Sud sì. Invece vediamo nascere, anche in piccoli comuni, un festival al giorno. Perché dobbiamo riconoscere che nel nostro povero Paese come non esiste una politica industriale così non esiste una politica culturale»."

Giro a voi la domanda.

A che servono feste e festival letterari?  A chi si rivolgono e chi coinvolgono?


Scritto domenica, 7 gennaio 2007 alle 23:40 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

30 commenti a “EVENTI “LIBRESCHI” E CRISI DEL LIBRO”

Che dire? Io ritengo che alla fine più si parla di libri, meglio è. Certo non si può obbligare la gente a leggere puntandogli una pistola in tempia. Tuttavia qualunque evento o pretesto capace di svolgere opera di sensibilizzazione è, a mio modo di vedere, meritevole di lode.

Postato venerdì, 5 gennaio 2007 alle 12:22 da Elektra


Stranamente o logicamente, premi e fiere più importanti vengono di solito ubicati a nord dello stivale… è vero che in Italia si legge poco, ma è altresì vero che a concorrere decisamente al drastico abbassamento della media c’è un Sud lasciato alla deriva. Forse non sarebbe il caso di fare, che so io, magari un festival tipo Mantova che sia itinerante, che di anno in anno tocchi le più importanti città del sud, di modo che vengano coinvolte masse di non lettori tali perchè forse non stimolate adeguatamente? La mia è solo una semplice riflessione e come tale vuole umilmente contribuire al dibattito di questo interessante blog.

Postato venerdì, 5 gennaio 2007 alle 13:29 da Diabacus Nottetempo


Io sono il meno indicato a parlar male dei festival perché sono il curatore di una (spero bella) rassegna che si svolge a Genova ogni Novembre. Anch’io ho patrocini pubblici, ma non ho ma avuto la minima pressione per fare cose diverse da quelle che voglio fare. Il problema non sta lì. La ricetta che seguo io è: non voglio nessuno scrittore fra quelli che appaiono essere solo creature degli editori. Il pubblico a quel che mi risulta ne è soddisfatto.
Il problema della scarsa propensione dei lettori a leggere lo si decifra facilmente se se ne chiede il perché a chi, invece, legge; ci sono molte rispose in merito sul forum di Fahrenheit ad esempio: i libri promossi dagli editori sono ormai in genere brutti, ma la prossima volta che passeranno in TV il solito impulso ossessivo compulsivo li farà comperare… e poi la delusione non farà acquistare altro fino al prossimo impulso.
Tutto qui.
Buon 2007 a tutti!
Renato Di Lorenzo

Postato venerdì, 5 gennaio 2007 alle 13:44 da Renato Di Lorenzo


Anch’io non sarei indicato ad intervenire, come parte in causa (scrittore) e come parte lesa (umorista).
Da ragazzino ignorante, mi sono avvicinato alla lettura con l’umorismo, Wodehouse; Jerome K.Jerome e insomma con tutti gli altri. La lettura è torura? O dev’essere piacevole arricchimento, goduria, sollazzo. Ricordo ancora nel ‘74, in quel treno per il Friuli, dove io, giovane militare, ridevo come un pazzo alla lettura del primo “Fantozzi” e il controllore chiamò la polizia!
Fosse la letteratura un po’ pallosa,e il “sottogenere” umorismo tenuto un poco ai margini, visto che anche Michele Serra si sta allontanando da essa?
Non sarebbe venuto il momento, da parte degli editori, di ripensare a cosa pubblicano?
Noi umoristi non potremmo essere veicolo d’invito ad altre letture(Pennac docet)?

Postato venerdì, 5 gennaio 2007 alle 14:44 da Francesco Di Domenico


Io credo che molti piccoli festival letterari vengano organizzati per dare visibilità alla città e al Comune, dare prestigio a chi li organizza, dar l’impressione che esista localmente un “cuore” culturale e letterario. E, non da ultimo, per raccogliere fondi con le sponsorizzazioni: spesso ci si crea un’attività più o meno imprenditoriale proprio organizzando eventi.
Beninteso: vedo questa situazione in molti casi – soprattutto nella proliferazione degli ultimi tempi – e non intendo certo generalizzare.
Ma resta il fatto che molti di questi eventi sono improvvisati e disorganizzati, e attirano poco pubblico. In una parola, sono inutili (al loro scopo intrinseco). Possono servire a gratificare le piccole cerchie che li organizzano, ma non ad accrescere la sensibilità del pubblico nei confronti della cultura e del libro.

Ma questa è solo la mia opinione, ed è espressa in piena serenità: nulla osta al loro diritto ad esistere, come possono esistere le sagre paesane. Solo che quelle, in genere, richiamano molte più persone e soddisfano più palati.

Postato venerdì, 5 gennaio 2007 alle 15:49 da paolo ferrucci


Vorrei riprendere la frase iniziale di questo articolo: “(…) Oggi il libro deve travestirsi se vuole sopravvivere, e deve diventare qualcos’altro, esibizione, spettacolo, recita, evento.(…)”. Ebbene, lo stesso concetto è stato espresso utilizzando quasi le identiche parole durante un incontro di presentazione libraria a cui ho partecipato. L’Editore sottolineava la necessità che gli autori scrivessero cose leggibili, seguendo il tema del momento richiesto dalla Casa Editrice ribadendo che ai giorni nostri esistono più scrittori (o presunti tali) che lettori…
Prendendo per buona questa affermazione, hanno forse senso tutte le fatiche di scrittori esordienti?
Vorrei rispondere riprendendo la domanda che ci viene fatta: A che servono feste e festival letterari? A chi si rivolgono e chi coinvolgono?
Io penso che feste e festival letterari servano solo alle Case Editrici che, rivolgendosi a Scrittori Esordienti o a chi ritiene di poterlo diventare sfrutta la moda del momento.
Per un tornaconto economico.
D’altra parte il mondo gira se c’è convenienza.
Diceva la mia nonna: nemmeno il cane muove la coda per niente.

Postato venerdì, 5 gennaio 2007 alle 23:01 da Susanna


Non favoriscono la lettura.
Penso che feste e festival letterari servano in primo luogo agli amministratori locali,che le iniziative siano rivolte al più vasto pubblico possibile e coinvolgano gli addetti ai lavori dei vari settori (culturale, commerciale, imprenditoriale). Assolvono una funzione aggregante offrendo occasioni d’incontro e di intrattenimento ad un pubblico di settore.
Promuovono nomi, autori, titoli, classifiche, ma non la lettura.
Al contrario, l’aumento e il proliferare di tali iniziative va nella direzione opposta, distogliendo parte del pubblico dall’intimità della lettura. Tutto questo muoversi attorno ai libri soffoca le parole, il contenuto dei libri stessi. Prospettando ai già pochi lettori un altro modo di fruizione, un altro gesto, un altro rapporto; ritrovarsi insieme per guardare i titoli, le copertine, le recensioni. Se poi il festival è ricorrente, il risultato è quello di una nuova pericolosa tradizione. Perché leggere uno o due libri all’anno quando a ….. in un giorno o due posso ascoltare dal vivo la presentazione di tre, quattro, cinque nuovi libri e addirittura conoscere gli autori?

Postato venerdì, 5 gennaio 2007 alle 23:03 da miriam


Se posso, essendo anch’io parte in causa, le emozioni più intense le ho avute proprio ai festival. Quelli organizzati da veri cultori della materia, frequentati da appassionati autentici e non da fan-atici in cerca dell’autografo… A Monticello Brianza, una vera chicca, è La passione per il delitto. I frequentatori vengono a sentire e sanno di cosa stai parlando e soprattutto scelgono di acquistare i libri!!! E’ un appuntamento annuale con gli amanti del genere, preparati e pronti con domande e curiosità. Ma ce ne sono tanti, come quello di Genova a Novembre o in Sardegna d’estate (un piccolo capolavoro), che non sono eventi da prima pagina con servizio d’ordine e body guard, ma semplicemente occasioni per incontrare non solo “i soliti tronisti del libro” ma anche esordienti, curiosi autori stranieri, critici che vale la pena di ascoltare non per il loro potere ma per la cultura che hanno e soprattutto che desiderano comunicare a chi li ascolta ;o)
Evviva i festival, quando il loro obiettivo è divulgare e creare occasioni di confronto!

Postato sabato, 6 gennaio 2007 alle 10:22 da elisabetta


Credo che la spettacolarizzazione degli eventi non serva a promuovere la lettura ma aumenta solo la popolarita` di scrittori che diventano tipo delle rock-star.
si parla giustamente di promuovere la politica culturale. Il vero problema che io non sono sicuro di sapere cosa significhi questa frase bella e nobile.
Che significa ? si e` provato con i giornali nelle scuole, previa poi scoprire che l`effetto domino dei media diffonde notizie negative. c`e` internet, ma internet in quanto tale e` una forza centrifuga, che elimina qualunque credibilita` e gerarchia ( e guarda caso proprio internet e` il mezzo preferito da giovani e giovanissimi).
Non saprei quindi cosa significa fare una politica culturale.
non credo pero` che siano in tanti a conoscere la risposta.

Postato sabato, 6 gennaio 2007 alle 16:16 da outworks110


Vorrei riprendere l’intervento precedente che mi ha dato degli spunti di riflessione.
Sinceramente a me la parola “politica” abbinata a “cultura e libri” fa lo stesso effetto di un gessetto che stride sulla lavagna ma temo che chi ha inserito il precedente post abbia colto uno degli aspetti che più mi infastidiscono negli Eventi Libreschi: la spettacolarizzazione della cultura.
Quando vedo questi Mega-Incontri (o anche Mini-Incontri, è lo stesso) con Autori, Editori, Mass-media e C. la mia mente si catapulta su una speciale edizione di Talk Show: Brother Book Show (scritto rigorosamente in inglese, che fa più audience…).
A me piace immergermi nella lettura in silenzio, magari con una copertina sulle gambe in inverno e una bibita ghiacciata in estate, rigorosamente da sola, per riuscire a vivere le emozioni trasmesse senza nessun’altra interferenza.
Immaginarmi a una specie di Library-show ad ascoltare altri che leggono non sento sia il mio modo di avvicinarmi ai libri.

Ma probabilmente io sono antica. Però il mio gatto approva, facendo le fusa…

Postato sabato, 6 gennaio 2007 alle 16:31 da Susanna


Io mi auguro che possano servire. La letteratura deve continuare ad
essere, anche oggi, un campo fertile in cui impegnare le facoltà creative.
Essa non è solo un gioco; può anche essere uno strumento di contestazione
del mondo che conosciamo, può suggerirci nuove prospettiva e può aiutarci a
concepire in modo alternativo qualunque aspetto del mondo che conosciamo
rovesciando la logica comune e quotidiana di cui siamo prigionieri.

Purtroppo, nella classifica dei Paesi in cui si legge di più, l’Italia
si trova in fondo. Se a ciò si aggiunge il successo di opere sentimentali e
dolciastre o quelle di chi crede che ogni sostantivo abbia bisogno di un
aggettivo osceno (anche quando il personaggio e l’ambiente non lo
richiedono) per dare di sé un’immagine grintosa, il quadro è davvero
sconfortante.

Ben venga tutto ciò che può contribuire al tentativo di “scongelare” i
cervelli impigriti, imprigionati nelle maglie della frase fatta o del luogo
comune. Ho fiducia in molti giovani.

Postato sabato, 6 gennaio 2007 alle 17:25 da Maria Luisa Papini Pedroni


Che dire… Quando non hai fame, lo chef tenta di stuzzicare i tuoi stanchi appetiti con trovate per il palato, gli occhi e gli altri tuoi sensi sazi o completamente alieni dala comprensione di qualsiasi raffinatezza da gourmet… Lo stesso è per i libri. Più l’italiano – l’homo italicus – non vuole leggere, anche se ol tempo per andare all’Ikea, nei pub, per vedere l’Isola dei famosi c’è sempre, più si moltiplicano gli eventi per fare dello scrittore l’ennesimo giullare di questo circo mediatico che ormai ci subissa. Però. Però se 1, un, unus, oinos solo lettore viene irretito dalla magia della parola, se un solo bambino ascolta una poesia e vent’anni dopo deciderà di recitare o di scrivere, ben vengano anche questi grand guignol della cultura. Sono necessari però interventi sul lungo periodo – finanziaria docet! – per incoraggiare la scuola, ormai disillusa, a trasmettere i valori fondamentali della nostra cultura, la forza perenne dei classici, le linfe nuove del pensiero. Un 2007 di speranza nella Bellezza che salverà il mondo…

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 11:06 da Maria Lucia Riccioli


Ci sono eventi ed eventi. Il distinguo è d’obbligo. Ci sono riunioni di basso profilo, di natura condominiale o familiare, che vengono spacciati per eventi culturali. Poi ci sono megaorganizzazioni che passano per grandi eventi culturali, ma non sono altro che patetici tentativi di avanspettacolo mascherato.
Ma lo vogliamo capire che se vogliamo puntare all’aumento della lettura dei libri bisogna agire sulle scuole?
Vogliamo ammettere che in tutti questi anni non siamo riusciti a insegnare ai giovani come si scopre il piacere della lettura?
Con un po’ di creatività, nelle scuole, si potrebbero formare tanti nuovi “lettori forti”. Ciò non potrà accadere fintanto che i ragazzi saranno costretti a studiare i “Promessi sposi” sui riassuntini Bignani.

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 11:22 da Spartacus


Credo che Maria Lucia Riccioli e Spartacus abbiano ragione riguardo alla scuola ed al ruolo che dovrebbe avere anche rispetto all’incoraggiamento alla lettura.
Mi sento di poter dire, però, che scuola ed eventi letterarioculturali possano anche camminare insieme. Io ho partecipato a diversi eventi dove ho assistito alla presenza di intere scolaresche. Mi pare un connubbio interessante.
E poi, è ovvio, i grandi, e veri, eventi letterari possono coinvolgere la popolazione tutta. Se poi la gente non si vuole muovere da casa perché preferisce guardare i reality o le partite di calcio in tv… be’, questo non credo sia colpa degli organizzatori degli eventi culturali.

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 14:43 da Rosa


Vero quello che dice Spartacus. La scuola… il problema rimane sempre lì. Come passa il messaggio della lettura sui banchi. Finchè sarà un obbligo, finchè l’Odissea (eterno e meraviglioso capolavoro capace di incantare letteralmente un bambino di tre anni!!!) verrà maciullata da analisi logiche, sintattiche, prose senza alcuna poesia… finchè i libri sapranno di senso del dovere e non di puro piacere… finchè verranno demonizzati i libri che i giovani scelgono di leggere (Moccia, Melissa e chi per loro)… mi sa che non andremo da nessuna parte… neanche ai festival! E se poi anche ai festival si parla solo di letteratura di serie A e serie B… via la polvere dalle spalle, via gli occhiali spessi e fuori i sorrisi. Quando si capirà che leggere è rivoluzionario, allora forse qualunque occasione verrà vista per quello che è… incontrarsi, parlare di autori e di libri. Non scambiarsi favori o fare marketing di sè o promuovere prodotti o peggio, continuare a piangersi addosso.

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 15:25 da elisabetta


Ringrazio Elisabetta Bucciarelli per aver “appoggiato” la mia enunciazione.
Desidero fornire un ulteriore spunto di riflessione a beneficio della simpatica Rosa: cara amica, lei sostiene che “scuola ed eventi letterarioculturali possono anche camminare insieme”. E continua affermando: “Io ho partecipato a diversi eventi dove ho assistito alla presenza di intere scolaresche. Mi pare un connubbio interessante.”
Diciamoci la verità, cara amica Rosa. Non è che le scolaresche vengono spesso invitate e “trascinate” a questi eventi letterarioculturali per fare numero? Per evitare che i suddetti eventi si rivelino, poi, dei grossi flop?
Lei cosa ne pensa?
Insisto su questo punto: ai ragazzi bisogna insegnare a leggere all’interno delle aule!

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 16:45 da Spartacus


Salve a tutti,
mi rende triste leggere che non si legga. (qui avrei preferito scrivere legge al posto di legga) ma poi succedeva un caos!
Per queste feste ho acquistato e regalato una decina di libri. Spero che chi li ha ricevuti li apprezzi e trovi il tempo per iniziare a leggerli. I libri che mi sono regalata ho provato a sfogliarli ma non sono riuscita ad andare oltre la ventesima pagina….Ha ragione Bruno Vespa nella sua idea di aver fornito ai lettori una tiratura speciale stampata a carattere più grande, per coloro che hanno problemi di vista. Non so se dipenda dalle ore piccole fatte per le feste, se mangio poche carote, se invecchio, se sono suscettibile alla noia mortale di idee, se non mi piacciono i libri pesanti, e se le giornate invernali con il sole che tramonta presto ci privino di quella luce solare giusta per poter leggere con più facilità. Alla fine ritengo che per vendere più libri o perlomeno per valorizzare quelli che valgono è maniera valida il passaparola….Ma mi chiedo chi si offre ad essere il primo che inizia a leggerli….non dirò mai i titoli dei libri che ho qui davanti e che non mi sono piaciuti…ma signori miei che stravaganza di noiosità c’è in giro…ma chi li progetta questi testi, vorrei proprio conoscerli. Ho gradito moltissimo una agenda tutta di poesia fatta da poeti. – Le pagine del poeta – almeno è variegata e ogni giorno trovi un pensiero e un modo di poetare diverso. spontaneo e molto nuovo…..per fortuna che esiste ancora la Poesia!

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 18:14 da gabry conti


Spartacus dice: (…) Ai ragazzi bisogna insegnare a leggere all’interno delle aule (…)
Io, pur condividendo appieno, vorrei aggiungere un’altra cosa: ai ragazzi si deve trasmettere l’Amore per la lettura fin dalla culla. Poi, in aula, apprezzeranno autori e testi senza sentirsi in una prigione legati da catene.
Parola di mamma :-)

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 19:24 da Susanna


Dico anch’io la mia sull’argomento scottante quanto da anni discusso e approfiondito. Come accade, per esempio, in campo musicale i cosiddetti “eventi” possono suscitare una solo temporanea e pur contagiosa visibilità dei “prodotti” che promuovono, ma restano purtroppo fine a se stessi, se non c’è dietro una campagna costante e seria che divulghi il piacere della lettura, come dell’ascoltare Musica. In Italia si legge poco, è vero e si contano d’altro canto 56 milioni di aspiranti scrittori. Come la mettiamo? Mio figlio Riccardo, il più “adulto” dei due che ho messo al mondo, ha nove anni e legge continuamente solo fumetti mentre nella sua scuola (a Bari) non c’è nemmeno una biblioteca. In compenso studia per 4-5 ore al giorno sui libri didattici forniti dalla scuola. E’a mio avviso già sulla strada di chi arrivato a 20 anni comincerà purtroppo ad odiare i libri anzichè ad amarli. Perchè mi chiederete…Ma Perchè il gusto, l’amore, la passione per la lettura deve nascere quando si è bambini o al massimo adolescenti, poi diventa sempre più difficile. Insegniamo alllora ai nostri docenti a far studiare meno i ragazzi e a invogliarli invece seriamente a prendere in mano un libro di Charles Dickens, Thomas Mann, Ernest Hemingway (o Emilio Salgari) almeno una volta al mese. Vedrete che presto cominceranno anche a studiare con più passione le materie più aride e inutili che ci propinava e ci propina ancora oggi la scuola italiana.

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 19:25 da Alessandro Romanelli


Pienamente d’accordo con Alessandro e Susanna.
Ai miei tempi, la lettura si faceva in classe e c’era anche il voto. Veramente il voto c’era anche sulla calligrafia e sull’ordine e sul colletto inamidato che ti rovinava la domenica pomeriggio….
Comunque sia, penso che se un bambino è ben indirizzato nelle sue letture ma senza imporgli libri che non finiscono mai e che non sono “faziosi” come invece accade in certi licei….forse il piacere per la lettura avrebbe un incremento. E’ pur vero che i buoni consiglieri alla lettura occorrerebbe inventarli….e poi, l’apprendimento è molto personale…i gusti tematici lo sono altrettanto e non dimentichiamoci che siamo molto pigri, o meglio, i nostri ragazzini lo sono e amano acquisire notizie alla velocità della luce…insomma la velocità tecnologica non sostiene la pazienza dello sfogliare le centinaia di pagine di un libro…e spesso si corre all’ultima pagina per levarsi di torno il volume e attaccarsi al telefonino per l’elevata immediatezza del mezzo…Che peccato che per imparare veramente il pensiero di noi umani non basta poi in effetti una sola vita!!! Come dire che nel mezzo del cammin di nostra vita, ciascun di noi si avvederà che se ha letto molti libri non è come se avesse fumato molto sigarette, ma potrà ritenersi un umano molto fortunato.A leggere si può sempre cominciare, e magari si cominciasse a fare scambio di libri anche nei condomini….ci sono tanti spazi da poter utilizzare anche per scambiarsi impressioni sui libri che conosciamo…e la società sta invecchiando alla grande, saremo tantissimi anziani pigri, e forse impossibilitati a muoversi, un gruppo di lettura nel piloty del nostro palazzo o nel nostro quartiere non sarebbe una idea da scartare ma da sfogliare….

Postato lunedì, 8 gennaio 2007 alle 19:44 da gabry conti


Grazie Gabry. Ti “leggo” sempre con piacere. Le tue riflessioni sono equilibrate e soprattutto chiare. Dimenticavo di aggiungere che anche a Bari, grazie ai “Presidi del Libro”, ideati qualche anno fa dagli editori Alessandro e Giuseppe Laterza insieme ad altri editori locali)e che si sono diffusi a macchia di leopardo in buona parte della Puglia (e non solo), si sta cercando di divulgare al meglio il piacere della lettura. Speriamo che questo sia già un significativo, importante primo passo.
Certo, la giornata settimanale di lettura nei Condomini sarebbe una gran bella cosa…Sempre, quando sia almeno possibile incontrarsi e conoscersi con i nostri vicini di casa. E personalmente, mi capita assai di rado :-)

Postato martedì, 9 gennaio 2007 alle 10:52 da Alessandro Romanelli


Bello lo scambio libresco condominiale! Come lo è il bookcrossing… l’abbandono volontario di un libro che, in un gioco dalle mille letture psicologiche, viene riaccolto da un altro lettore! Ritornando a libri e bambini, chiedo ai frequentatori di questo blog di segnalarmi libri per piccoli (sotto i cinque anni) che trattino argomenti mitologici. Ne ho trovato solo uno della Dami e poi solo di carattere didattico per ragazzini delle medie (tutti assai discutibili per taglio, censure e ricostruzioni storiche). Grazie mille
Elisabetta

Postato martedì, 9 gennaio 2007 alle 11:05 da elisabetta


Caro e misterioso signor Spartacus, premesso che anche lei mi è molto simpatico ci tengo a precisare una cosa.
Lei scrive: “Diciamoci la verità, cara amica Rosa. Non è che le scolaresche vengono spesso invitate e “trascinate” a questi eventi letterarioculturali per fare numero? Per evitare che i suddetti eventi si rivelino, poi, dei grossi flop?”
Credo che lei abbia ragione, ma solo in parte. Credo che sebbene gli organizzatori degli eventi culturali possono beneficiare della presenza delle scolaresche, nulla toglie che pure le scolaresche possono trarre benefici dalla partecipazione a questi eventi. O no?
Sono comunque d’accordo sulla necessità di “insegnare a leggere” nelle aule.
Grazie per il “cara”.

Postato martedì, 9 gennaio 2007 alle 12:44 da Rosa


Alessandro Romanelli sei grande! Riconosco l’ansia del genitore che osserva, partecipa e soffre: è dalla scuola che si deve incominciare, addirittura dalla scuola dell’infanzia ( ma questo è un ragionamento lungo, profondo, che rimando ad un’altra occasione).
Ricordo l’incazzatura per le letture imposte a mia figlia nelle medie e al liceo. Primo Levi “Se questo è un uomo” a dodici anni e a 14 “La peste”, “Lettera a un bambino mai nato”, e altri titoli così. Ma ricordo anche, in terza media, un intero anno scolastico dedicato a Rosso Malpelo e allo studio approfondito delle casistiche adolescenziali; nessun riferimento ad altre opere, che sullo sfruttamento dei minori nella rivoluzione industriale avrebbero arricchito l’argomento; né David Copperffield, né Pinocchio, e nemmeno Gian Burrasca, solo Verga e sempre Verga. Quando invece è proprio di quel periodo l’origine di una letteratura dedicata agli adolescenti, ai bambini grandi. I Piccoli passano da letture minimaliste e sentimentalmente corrette a testi “importanti”, storici, ma che privati dalla loro contestualizzazione, risultano incomprensibili e solo pesanti. Poi ci stupiamo del successo di H.Potter e con la puzzetta sotto il naso ci perdiamo in analisi e riflessioni. Il maghetto invece piace perché è umano, ha tanti dubbi e paure, non scomette su di sé ma soccombe alle prove che il suo destino gli impone. E’ un piccolo Ulisse, un esserino fragile che cresce con la sua generazione. Dopo Potter non leggono più, perché?

Postato martedì, 9 gennaio 2007 alle 16:06 da miriam ravasio


Nooo… non posso credere che succederà questo anche a me! La scuola è davvero ancora così!?! Davvero non hanno messo tra i libri da leggere favole o mitologia per ragazzi? Neanche Potter o simili fantasiosi? Almeno tra le letture estive?
Fare della disobbedienza civile e non mandare i figli a scuola ma tenerseli a casa a leggere (magari portarli anche a giocare, a teatro, al cinema e in piscina…) non si può?

Postato martedì, 9 gennaio 2007 alle 17:35 da elisabetta


Che dire? D’accordo parzialmente su tutto e con tutti, ma quando si ama leggere non c’è città, sagra, fiera che tenga?
Io ho imparato ad amare la lettura a scuola e così ho continuato(caro Alessandro qui a Bari!!) e ringrazio quei professori che mi hanno inculcato un amore profondo, sviscerato per i libri e li amo davvero..spendo una fortuna per comprare libri sopratutto narrativa e leggo ,leggo e più leggo più la mia mente viaggia e si apre a nuove sensibilità…certo bisognerebbe inculcare questo amore già negli alunni delle scuole materne e poi così via in modo che ognuno trovi il proprio genere preferito in età adulta..e vi posso garantire che quando si parla con qualcuno che non conosci ti accorgi subito se quello è un lettore/trice.comunque ben vengano le iniziative che promuovono cultura, e qui da noi sono poche è vero, ma leggere non richiede necesseriamente la frequentazione di questi posti basta un libro, una buona tazza di tea e un posto caldo, dove leggere e viaggiare con la mente e con l’animo….

Postato mercoledì, 10 gennaio 2007 alle 11:06 da alina


Cara (lo ribadisco) Rosa,
lei scrive “nulla toglie che pure le scolaresche possono trarre benefici dalla partecipazione a questi eventi”.
Che dirle? Lasciamoci (affettuosamente) con il beneficio dul dubbio!

Postato mercoledì, 10 gennaio 2007 alle 11:20 da Spartacus


Ringrazio Miriam dei complimenti(peraltro immeritati). Mentre non ho capito bene i punti esclamativi vicini al nome del sottoscritto da parte di Alina di Bari.Forse si riferiva al fatto che ci sono scuole a Bari fornite di ampie ed esaustive biblioteche. E’ probabile. In quella di mio figlio,invece, che pure è privata e religiosa non c’è.

Postato giovedì, 11 gennaio 2007 alle 10:04 da Alessandro Romanelli


Caro Alessandro,
quei punti esclamativi erano solo rivolti a sollevare le sorti di Bari che a volte mostra lacune profonde(vedi biblioteche scolastiche)ma, che è anche molto viva culturalmente e parlo di persone, iniziative, idee.
Era solo un punto esclamativo a difesa della nostra bella città dove tu ed io viviamo ,lavoriamo, leggiamo, ascoltiamo….solo questo e nient’altro. Con stima alina

Postato venerdì, 12 gennaio 2007 alle 10:54 da alina


Pienamente d’accordo Alina.Guardiamo in positivo, ci mancherebbe e soprattutto…senza piangerci addosso, ma piuttosto in una dimensione pragmatica, solleviamo anche le problematiche su quello che non funziona. Ergo: se non ci sono biblioteche in alcune scuole, se ne può e se ne deve parlare.

Postato venerdì, 12 gennaio 2007 alle 18:26 da Alessandro Romanelli



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