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lunedì, 13 novembre 2006

PIPERNO E SAVIANO, TRA ESIBIZIONISMO E INUTILITA’ DELLA LETTERATURA

Sul n. 44 del 02/11/06 del Magazine del Corriere della Sera, Alessandro Piperno ha scritto un articolo sul caso Gomorra il cui succo è: "Caro Saviano, secondo me lo scrittore impegnato è un esibizionista". Premetto che Piperno e Saviano sono amici e che entrambi fanno parte della redazione di Nuovi Argomenti.

Alessandro Piperno

Salto una serie di complimenti che Piperno rivolge a Gomorra e vi propongo questo stralcio di brano:

"Quando Saviano vinse il Premio Viareggio, una giornalista, stravolgendo un mio giudizio, chiese a Saviano: <<Ma è vero che Piperno dice che lei è un mitomane?>>. Saviano mi chiamò e mi disse che ci mancavano solo gli amici a rompergli i coglioni. anche se ben presto la sua furia si sciolse in una risata. A tutt’oggi sono pronto a sottoscrivere il giudizio di allora. L’impegno civile in letteratura è una forma di esibizionismo che non mi scalda (eppoi lo trovo così esteticamente diseducativo!). Credo che esista qualcosa di più vero della mesta e banale verità dei fatti. Ed è quella che chiamerei la verità della visione, a cui ogni scrittore aspira ma che pochi raggiugono, e solo attraverso il distorcente diaframma del mito."

Vi propongo, inoltre, la seguente frase riferita al libro Gomorra:

"Non sono un intenditore di camorra ma dubito che essa si lasci turbare da una cosa inutile e bella come la letteratura."

1) Sull’esibizionismo. Ritengo che ogni forma di scrittura resa pubblica (compresa quella che passa per questo blog) sia una forma di esibizionismo (anche dettata da esigenze di comunicazione), a prescindere dal fatto che sia più o meno impegnata. Ma che c’è di male? Se poi "l’impegno civile in letteratura è una forma di esibizionismo che non scalda"… be’, questo è solo una questione di gusto e non verità assoluta.

2) La letteratura bella ma inutile. Che significa inutile?  E se la letteratura è inutile, esiste una forma d’arte o di comunicazione utile? La pittura? La scultura? La musica? Piperno non è la prima volta che esterna questa sua opinione (peraltro già da molti anni oggetto di ampi dibattiti, un po’ come la questione della [presunta] morte del romanzo).

Vi propongo un "pezzo" che l’anno scorso pubblicai a tal proposito sulla rivista di letteratura Lunarionuovo traendo spunto, appunto, da un’esternazione di Piperno evidenziata su un articolo di Stefano Salis (pubblicato sul Domenicale de Il Sole24Ore).

Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione in merito ai due punti sopraindicati.

                                                    * * *

La letteratura serve a niente

di Massimo Maugeri

La letteratura non serve a niente. È quanto affermato, come apprendiamo da un Domenicale de Il Sole 24 Ore di settembre (2005), da Alessandro Piperno nel corso del festival della letteratura di Mantova.

Alessandro Piperno, docente di letteratura francese a Tor vergata, nonché autore esordiente di un romanzo recentemente pubblicato da Mondadori, dà chiara dimostrazione di coerenza e coraggio. Apprendere, infatti, proprio da un insegnante di letteratura e neoromanziere a caccia di premi letterari e apparizioni televisive, che la letteratura non serve a niente è una vera sorpresa.

In ogni caso supponiamo che il buon Piperno si sia lasciato andare a tale esternazione giusto per colpire a morte, una volta per tutte, l’errata convinzione che la letteratura sia dotata del potere taumaturgico di forgiare gli spiriti, formare le coscienze, orientare il pensiero.

La letteratura non serve a niente, dunque. Di certo da essa non dipende la vita o la morte. E chi pensa il contrario è un pazzo. Come quel Chapman, l’assassino di John Lennon, che – mentre si predisponeva a commettere l’omicidio – teneva in tasca una copia de “Il giovane Holden” di Salinger.

In linea di massima comprendiamo il punto di vista di Alessandro P.

Tuttavia ci sorge un dubbio.

E se Piperno intendesse dire quel che ha detto con le peggiori intenzioni? E cioè che la letteratura non serve a niente (ma proprio a niente)?

Fermiamoci qui. Solo per ora. E passiamo da Piperno a Grisham (anche quest’ultimo è intervenuto al festival della letteratura di Mantova). L’ultimo romanzo di Grisham è ambientato in Italia; a Bologna per la precisione. Il bestsellerista americano, per schermarsi dalle accuse da parte di coloro che gli hanno fatto notare innegabili sviste e ricorrenti luoghi comuni contenuti nella sua ultima opera, ha affermato che il suo “è un romanzo di intrattenimento, non un trattato di sociologia”.

Sorvoliamo, per ora, sul capolavoro di Grisham e concentriamoci su quanto segue.

Supponiamo che da un romanzo non ci si debba aspettare altro che mero intrattenimento. Se così fosse, un romanzo avrebbe quantomeno la funzione di intrattenere il lettore e, pertanto, servirebbe comunque a qualcosa. Se, dunque, tutta la letteratura avesse solo la (poco nobile?) funzione di intrattenere servirebbe comunque a qualcosa. Il problema, semmai, e che certi libri non hanno nemmeno la capacità di intrattenere (ma questo è un altro discorso).

Diamo tuttavia per buona la tesi che la letteratura non serve a niente. Una domanda sorge spontanea. Cos’è che serve? Cos’è che è inutile?

In fondo l’affermazione di Piperno potrebbe applicarsi anche ad altre forme d’arte.

Immaginiamo di essere a Louvre, Parigi. La famiglia Ponepri decide di fare la fila per entrare. In particolare i Ponepri desiderano vedere dal vivo la Monna Lisa. Sono rimasti molto incuriositi dal film “Il Codice Da Vinci” (il libro non l’hanno letto; a casa Ponepri non si legge, anche se il capofamiglia ha deciso di comprare in edicola i Meridiani Mondadori per incrementare il plusvalore della propria libreria). A fine giornata i Ponepri tirano le somme. Sono rimasti molto colpiti dalla struttura del Louvre e profondamente delusi da La Gioconda (“Quel quadro non me lo immaginavo mai mai così piccolo”, dice il capofamiglia). Arrivano alla conclusione che, tutto sommato, sarebbe stata più divertente una passeggiata per gli Shampi Elisé. Il giorno dopo, proprio a due passi dall’albergo, si imbattono nella piccola mostra di quadri di Jean Sahmgri, carneade di talento dell’arte pittorica del suo quartiere. Trascorrono quasi trenta minuti ad ammirare le tele di Jean. Una volta usciti giungono alla conclusione che osservare i quadri di Sahmgri è più meglio di perdere cinque ore cinque a guardare i quadri vecchioni del Louvre (“Poi c’è quel quadro di quella femmina nuda che… mizzica, altro che Gioconda!”)

La passeggiata agli Shampi Elisé, la visita al Louvre e quella alla mostra di Sahmgri rappresentano tre forme di intrattenimento (intrattenimendo dicono i Ponepri). Per nessuna delle tre potremmo, correttamente, usare la formula non serve a nulla.

Il ragionamento, naturalmente, può applicarsi alle altre forme d’intrattenimento: dalla musica al cinema.

Ma torniamo alla letteratura.

Il lettore Pincopallo ha letto di recente “Furore” di Steinbeck e “Il cliente” del già citato Grisham.

Quando ha terminato di leggere “Furore” Pincopallo ha provato una sensazione differente rispetto a quella provata dopo la lettura de “Il cliente”. Entrambe le letture hanno svolto, nei suoi confronti, una funzione di intrattenimento. Nessuna delle due, dal suo punto di vista, ha rivoluzionato la verità del mondo. Tuttavia dopo “Furore” Pincopallo ha trascorso una buona ora a riflettere (ma a che serve riflettere?), mentre dopo “Il cliente” si è recato in cucina a prepararsi un panino al prosciutto. È indubbio che Pincopallo sarebbe sopravvissuto senza le riflessioni successive alla lettura di “Furore”, mentre se – dopo “Il cliente” – non avesse mangiato il panino al prosciutto avrebbe percepito un fastidio alla bocca dello stomaco. Di più… se fosse rimasto per due settimane senza riflettere sarebbe sopravvissuto; se – per due settimane – non avesse mangiato nulla sarebbe morto.

Dunque ha ragione Piperno!

In fondo gli Shampi Elisé, il Louvre, la mostra di Sahmgri, “Furore” e “Il cliente” non servono a nulla… se non a intrattenere.

Viva il panino al prosciutto, allora!

Un’ultima cosa su Grisham. Viene da pensare che, con tutta la grana (intesa non nel senso di rogna) che si ritrova, avrebbe potuto pagare dei consulenti che gli avrebbero evitato di incorrere in luoghi comuni e strafalcioni. Ma forse, in questo caso, “Il broker” sarebbe diventato un trattato di sociologia, a danno dell’intrattenimendo.

In fondo ci sentiamo molto intrattenuti da un romanzo dove – come riportato nella sezione Vespe del suddetto Domenicale de Il Sole 24 Ore – “da Palermo si vede l’Etna”.

Viene voglia di scrivere un romanzo di intrattenimento ambientato a Long Island dove “da casa degli Spencer si vede l’Empire State Building”. Conosciamo delle persone che potrebbero ospitarci lì per una settimana una per fare la location del suddetto romanzo che potrebbe intitolarsi “Il brocco”.

Con umiltà massima potremmo inserire il titolo proprio sotto il nome dell’autore (di modo che l’acquirente non abbia difficoltà alcuna ad accostare il titolo al nome). E l’autore, a sua difesa, potrebbe sempre sostenere che trattasi di romanzo d’intrattenimento.

Anzi… d’intrattenimendo.


Scritto lunedì, 13 novembre 2006 alle 20:07 nella categoria PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

27 commenti a “PIPERNO E SAVIANO, TRA ESIBIZIONISMO E INUTILITA’ DELLA LETTERATURA”

Di Piperno e delle sue fregnacce mi bastano le venti pagine che sono riuscito a leggere del suo noiosissimo romanzo. Maledetto il giorno che mi feci convincere dalle recensioni a comprarlo, buttando via una ventina di euro che avrei impiegato meglio noleggiando in dvd 1997 Fuga da New York oppure acquistanto ancora una volta (per regalarla) una copia di COMMA 22.

Postato lunedì, 13 novembre 2006 alle 20:38 da luciano / il ringhio di Idefix


Caro Maugeri,
le riconosco il merito di essere una fonte ricca di stimoli. Come vede ogni tanto arrivano anche complimenti da parte mia, non solo critiche.
In merito ai due punti che propone.
1) Non sono molto d’accordo. Non credo che l’esibizionismo c’entri molto con la scrittura. Credo che oggi l’esibizionista per eccellenza sia colui che brama l’ascesa ai palcoscenici televisivi. Naturalmente ci sono le eccezioni. Quando D’Orrico ha sostenuto che Faletti è il più grande scrittore italiano vivente ha fornito un chiaro esempio di scrittura esibizionista.
2) Su questo punto sono d’accordo con lei. Anzi, il fatto che Piperno sostenga la tesi dell’inutilità della letteratura è, in effetti, una forma di esibizionismo. Altra eccezione. In ogni caso è lui l’esibizionista, non Saviano (che in un altro post ho criticato per differenti ragioni).

Postato lunedì, 13 novembre 2006 alle 22:37 da Spartacus


Non conosco l’argomento e non voglio entrarci. Ma una cosa posso dirla. Massimo, l’articolo è carino, molto ben scritto: complimenti. Però per favore potete evitare tutti di scrivere sempre cinque giorni CINQUE, una settimana UNA. Mi dà un fastidio. E poi fa troppo giornalista TV che racconta di stragi del sabato sera.

Saluti (divertiti e divertenti)
Giancarlo

Postato martedì, 14 novembre 2006 alle 10:55 da Giancarlo Cobino


La mia esperienza con il libro di Piperno è simile a quella di Luciano. L’ho acquistato, ho cominciato a leggerlo, ma non sono riuscita a finirlo. Per quanto riguarda il discorso sull’utilità della letteratura sono pienamente d’accordo con Massimo.

Postato martedì, 14 novembre 2006 alle 11:26 da Rosa


Caro Maugeri, complimenti per l’articolo innanzitutto, molto agile e piacevole.
Poi rinnovo un mio concetto espresso già altrove. Mi ha fatto molto piacere vedere citato Steinbeck ma il fatto che il mercato ci offre Piperno e Grisham e tiene in qualche oscuro magazzino non più ripubblicati romanzi di ben altra levatura (e non li cito di nuovo…) mi obbliga a correggere Piperno dicendo che non la letteratura ma la LETTURA di questa letteratura non serve a niente. Dire invece che la letteratura non serve a niente suona diverso, superficiale…suona come autocritica alle mie umili orecchie!!!
Ciao a tutti
Giuseppe

Postato martedì, 14 novembre 2006 alle 11:27 da Giuseppe


Del tanto vituperato Grisham (che almeno, rispetto a Piperno, non è affetto dalla sindrome del genio e del capolavoro), vorrei ricordare L’UOMO DELLA PIOGGIA. Un thriller che affrontava con lucido coraggio il sistema sanitario americano, prendendosela soprattutto con le assicurazioni private.

Postato martedì, 14 novembre 2006 alle 12:48 da luciano / il ringhio di Idefix


Mi sto chiedendo se sia più colpevole essere afflitto dalla sindrome del genio e del capolavoro, lavorando sodo per ottenerlo e magari realizzando qualcosa di intelligente, oppure essere afflitto dalla sindrome del panaio (con tutto il rispetto per il mio amico baffo Giovanni, mio stimato vicino) sfornando thriller triti, ritriti e riciclanti (denaro, ovviamente)? Non saprei, ma un pensiero ce l’ho… che sia simatia di classe???

Saluti
Giancarlo

P.S.: Non ne posso più di romanzi che fotografavano la realtà. Se cercate buoni fotografi affidatevi ai medesimi per professione oppure ai giornalisti, che di mestiere questo dovrebbero fare.

Postato martedì, 14 novembre 2006 alle 13:43 da Giancarlo Cobino


il libro di piperno non piace perché siamo troppo abituati alla pochezza della nostra letteratura… che servirà a ben poco fin quando continuerà a inseguire le mode del momento producendo fuochi di paglia editoriali destinati a non lasciar traccia e a rappresentare discutibili forme di intrattenimento

Postato martedì, 14 novembre 2006 alle 18:20 da miamiono


Grazie per i contributi e per i complimenti (data l’ora tarda spero di non scrivore idiozie… comunque).

Per Giancarlo. Hai ragione, 5 giorni 5, 1 settimana 1… sono espressioni un po’ fastidiose e molto alla moda (mi viene in mente l’ultimo libro di Silvana Grasso intitolato “7 uomini 7″). Io ne ho fatto uso solo in quell’articolo con lo scopo di conferire un taglio ancora più ironico in certi passaggi.

Per Luciano. Io considero Grisham un buon romanziere. Ho apprezzato diversi suoi romanzi, tra cui lo stesso “Il cliente” che cito nell’articolo. Però un conto è scrivere un buon romanzo come “Il cliente”, un conto è scrivere un capolavoro assoluto come “Furore” (che, a mio avviso, “esercita” funzioni superiori al mero intrattenimento). “Il broker” invece, secondo me, è un romanzo nettamente inferiore allo standard di Grisham. Troppi strafalcioni. E uno scrittore internazionale del suo livello non può giustificarsi dicendo che il suo è un romanzo d’intrattenimento e non un trattato di sociologia. Peraltro, considerato quanto ha guadagnato in questi anni, e a differenza della maggior parte dei romanzieri che con la scrittura non ci campano, poteva benissimo permettersi di pagare schiere di consulenti.

Il romanzo di Piperno (Con le peggiori intenzioni) io l’ho letto tutto. E mi è pure piaciuto. Ho apprezzato la prosa (sebbene un po’ barocca non mi è parsa stucchevole) e i personaggi sornioni che è riuscito a tratteggiare. Non sono invece d’accordo con lui su questa idea della letteratura bella ma inutile (ma su questo punto mi pare di essermi espresso molto chiaramente).
Intanto si è fatta mezzanotte e un quarto. Buonanotte gente…

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 00:19 da Massimo Maugeri


Leteratura bella e inutile?
Da alcuni anni non è neppure bella.
Blog e forum di letteratura sono pieni delle proteste dei lettori per le noiosissime proposte degli editori, tutte rigorosamente passate in TV. Adesso che siamo sotto Natale poi… un disastro.

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 08:48 da Renato Di Lorenzo


Trovo che la letteratura continui ad essere, anche oggi, un campo fertile in
cui impegnare le facoltà creative. Essa non è, a mio avviso, solo un gioco;
può anche essere uno strumento di contestazione del mondo che conosciamo,
può suggerirci nuove prospettive e aiutarci a concepire in modo alternativo
qualunque aspetto del mondo, rovesciando la logica comune e quotidiana di
cui siamo prigionieri. La letteratura è infatti possibilità creativa ed
inventiva senza limiti prefissati.

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 09:22 da Maria Luisa Papini


Io il libro di Piperno non l’ho letto, però l’ho regalato ad una persona che mi stava antipatica.
Letteratura inutile? Ma come si fa a dirlo? Ci sono stati libri che mi hanno aiutato a tirare avanti in momenti di solitudine. Altri hanno contribuito ad allargare i miei orizzonti. E poi ogni libro che leggo è una nuova esperienza che vivo attraverso l’agire dei personaggi.

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 11:44 da Elektra


Piperno ha ragione, Infatti mi era stato chiesto di recensire il suo romanzo “Con le peggiori intenzioni” per una casa editrice straniera, che obnibulata dalla grancasa pubblicitaria nella rete, voleva acquistare i diritti. Dopo un’attenta lettura ne ho sconsigliato l’acquisto in quanto come ha dichiarto Piperno nella sua intervista era “Letteratura Inutile”

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 11:45 da Marco Bazzato


Non entro nel merito della discussione, perché non ho letto il libro “Gomorra”, ma dico soltanto: la letteratura non serve a niente perché non SERVE, non è SERVA di nulla e di nessuno. In merito alla letteratura impegnata: e Calvino? Pasolini? Sciascia? Vittorini? Esibizionisti? Magari ne rinascessero persone che pensano quello che scrivono e scrivono quello che pensano… Se poi essere impegnati vuol dire strumentalizzare la letteratura per fare i pavoni è un altro discorso… Si può essere impegnati non solo scrivendo di camorra ma anche componendo “Paradise Lost” o scrivendo “Madame Bovary”, perché l’atto stesso di scrivere è IMPEGNO.

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 12:45 da Maria Lucia Riccioli


Vero, Massimo, ma io scherzavo… incredibile ma vero.
Comunque il tuo articolo mi è piaciuto davvero.

Saluti
Giancarlo

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 13:19 da Giancarlo Cobino


Cosa penso di Piperno l’ho scritto su NEMICI MIEI – edito da Stampa alternativa. Vi rimando a tale libro, forse vi divertite di più che a leggere le sue polpette spacciate per letteratura.

Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 14:26 da Gordiano Lupi


Incuriosito da tante critiche negative sul libro di Piperno e trovandomi in Italia ho deciso di cercarlo in libreria. Dopo averlo cercato insieme al commesso per un’ora l’ho avuto tra le mani ed ho cominciato a leggerlo, in piedi, tra una pila (come quella di Volta) della Fallaci e l’immancabile angolo delle novità (bah, c’era anche d’annunzio tra lorsignori). Devo dire che non è scritto affatto male, sul resto vi farò sapere. Di certo non è uno dei soliti scriba di tempi recenti che usano linguaggi finti e locuzioni da struscio in corso il sabato pomeriggio (struscio da quindicenni, s’intende).

Mi sono però chiesto, uscendo di libreria: ma perché tutti coloro che scrivono in modo appena appena più complicato viene tacciato di fare lo snob o peggio di non voler farsi capire perché a lui le persone non piacciono? E – di riflesso – mi sono domandato: non è che il mondo sta diventando un covo di pigri ignoranti (nel senso che ignorano la lingua italiana)? Si, credo di si!

Saluti
Giancarlo

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 15:22 da Giancarlo Cobino


Vi invito a leggere il mio pensiero sull’argomento letteratura sul mio blog.

caffestorico.blog.kataweb.it

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 15:58 da francesco


Visto che molti hanno acquistato il libro di Piperno e non lo hanno letto (tra questi io), forse sarebbe più significativa una classifica dei libri più letti piuttosto che quella dei più venduti.

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 16:10 da Marco


Beh, mi sembra che così facendo Piperno si sia autodefinito.

Diamogli ragione.

Ma escludiamo, per piacere, Joyce, Kafka, Checov et similia dal concetto di inutilità ed esibizionismo.

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 17:55 da alfonso angrisani


Signor Saviano, partecipo con piacere alla discussione da lei proposta. Ammesso che interessi il punto di vista di una scrittrice che è anche un’avida lettrice.
Oh, dunque, l’affermazione di Piperno fa pensare, come hanno fatto giustamente notare alcuni prima di me, ad una mera proiezione. Si potrebbe parlare di lapsus freudiano, se la frase gli fosse sfuggita casualmente.
La scrittura, o letteratura, è utile, o inutile come il cinquanta per cento delle attività umane. Basta dividere, in due grandi gruppi, tutto quello che ci è necessario per la sopravvivenza da quello di cui si può fare a meno. Bere e mangiare. Queste sono le uniche vere necessità. Tutto il resto è istinto, anche quello di dormire o amare o ragionare. La domanda che sorge spontanea è: cosa sarebbe questo pianeta se la specie umana si fosse limitata ad assecondare solo i suoi bisogni primari? A me viene da rispondere che sarebbe un luogo dove nessuno vorrebbe vivere per più di un paio di giorni. Immaginatevi un’esistenza priva di ogni progettualità, astrazione, ideale, spinta. Una vita fatta di braciolette e grugniti cavernicoli. Un po’ deprimente, no?
Piperno, tra l’altro, ci fa notare che la vera motivazione che spinge un romanziere è l’esibizionismo. Fa questo genere di affermazioni come se si rivolgesse ad una platea di completi imbecilli. Come se nessuno, tranne lui, fosse in grado di elaborare un proprio pensiero sulle pulsioni che spingono l’uomo attraverso l’esistenza. Come se nessuno sapesse che alla base del’evoluzione e del progresso c’è il desiderio di eccellere, di essere riconosciuti, di prevalere. Alexander Fleming era un esibizionista? In fondo avrebbe potuto tenersi la sua preziosa scoperta per sé. Avrebbe potuto beneficiare della pennicillina assieme ai suoi familiari ed amici, a che pro pubblicizzare la cosa? Piperno fa un discorso stupido, superficiale e manicheo. Non voglio nemmeno scomodare il grande Oscar Wilde, che sull’inutilità dell’arte si era già pronunciato centinaia d’anni fa. Vorrei soltanto consigliare a Piperno un’analisi sulle SUE motivazioni personali, lasciasse perdere gli altri. Proiettare sul genere umano il proprio senso di inadeguatezza non lo porterà di certo molto lontano.

Postato mercoledì, 15 novembre 2006 alle 19:26 da Nessie


Breve nota a margine.
Solo ora rileggendo l’articolo di Maugeri mi sono accorto che Ponepri è l’anagramma di Piperno e Sahmgri quello di Grisham.

Postato giovedì, 16 novembre 2006 alle 09:20 da Spartacus


Riporto solo le parole di Elsa Morante, credo che siano sufficienti per rispondere a Piperno.

“[...] Ho sentito dire che qualcuno, al sapere in anticipo l’argomento da me scelto, ha mostrato una certa perplessità: come se, da parte mia, questa fosse una scelta, diciamo, curiosa. Invece, a me sembra evidente che nessun argomento, oggi, interessa da vicino, ogni scrittore. A meno che non si vogliano confondere gli scrittori coi letterati: per i quali, come si sa, il solo argomento importante è, e sempre è stata, la letteratura; ma allora devo avvertirvi subito che nel mio vocabolario abituale, lo scrittore (che vuol dire prima di tutto, fra l’altro poeta), è il contrario del letterato. Anzi, una delle possibili definizioni giuste di scrittore, per me sarebbe la seguente: un uomo a cui sta a cuore tutto quanto accade, fuorchè la letteratura”.

pag. 97 da “Pro o contro la bomba atomica e altri scritti” di Elsa Morante, ed. Adelphi

Postato giovedì, 16 novembre 2006 alle 17:06 da Agata Diakoviez


Sull’utilità o inutilità della letteratura per la nostra vita, parafrasando Nietzsche. Discettare sull’ “utilità” o “inutilità” della letteratura, è come discutere sul sesso degli angeli. Vacuità bizantine che conducono solo in vicoli ciechi. Mi sembra francamente una contrapposizione senza alcun senso, buona per chiacchiere da salotto (d’altronde il flaneur Pierno è scrittore da salotto). Per quanto riguarda “l’esibizionismo dello scrittore impegnato”, anche qui fumo azzurro che si dissolve nel nulla. Per amore di simmetria dovremmo anche parlare dell’esibizionismo dello scrittore dis-impegnato”? Non c’è un altro modo di passare il tempo? Per esempio, cercando di scrivere dei bei libri?

Postato giovedì, 16 novembre 2006 alle 19:24 da Anonimo


La letteratura é soltanto bella? “…La bellezza si desidera, perché é il bene che rende felice” (Socrate).
L’invidia é una brutta malattia, nasconde mancanza di autostima e destituisce di ogni significato le proprie gesta ma soprattutto, quelle degli altri.

Postato venerdì, 17 novembre 2006 alle 16:56 da Gianni Parlato


C’è un’altra cosa che volevo aggiungere…
Purtroppo si nasce ignoranti, poi qualcuno, capendolo, impara molto per soddisfare la propria famelica voglia di mettersi in “cattedra”. Affermando cosí, a sè e agli altri, lo status raggiunto del suo potere(il sapere, in questo caso). E siccome l’ Olimpo è molto più ampio, bisogna anche scrivere e apparire in tv; perché tutti devono essere conquistati da me e dal mio sapere (potere). E alla fine, dopo averne ingurgitato tanto, si scopre che il sapere è inutile. E sai perché? Perché ” Il Sapere non si apprende,lo si possiede” (Nietzsche). E chi lo possiede sa bene che “l’unica cosa che sa, é di non sapere niente”(Socrate)(o molto poco in riguardo al troppo che ci sarebbe da sapere). Ma “quelli” erano altri tempi!…Oggi ci sono i “Dotti” e i “Professori” a possedere TUTTO il sapere. Peccato che l’unico intento in cui riescono bene, è aiutarci a disamorare di tutto. Perche la loro vanitá non solo ci annoia, ma é anche ignorante. Colpa anche della televisione e dei padroni a cui si sono sottomessi.

Postato sabato, 18 novembre 2006 alle 00:44 da Gianni Parlato


Caro Massimo, credo che l’affermazione di Piperno sia un oltraggio al pudore del narcisismo, l’inutilità della letteratura è un vestiario tautologico… Nella dimensione dell’utile, credo che un libro di cucina sia più utile di qualunque classico della letteratura. La dimensione dell’utile è abitabile, la dimensione letteraria del superfluo è sprovvista di tutte quelle pareti che la configurano nell’ovvio, è la dimensione dell’amante, è il luogo più intimistico e nascosto che possediamo, così da essere, passami l’ossimoro, perfettibilmente inutile.
ciao

Postato domenica, 19 novembre 2006 alle 12:57 da Gianluca Parravicini



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